Gli amministratori del Sud, secondo il ministro dell’Economia, sono dei cialtroni: hanno i soldi e non li spendono, ma semmai li sprecano. A parte l’ineleganza del vocabolario, l’accusa di Tremonti va presa molto sul serio perche’ si riferisce al vero tallone d’Achille del Mezzogiorno, quella spesa pubblica che, come questo giornale ha piu’ volte denunciato, riflette tutta la fragilita’ di un ceto politico e di un’intera classe dirigente. Pero’ quando si spara nel mucchio, innanzitutto, c’e’ sempre il rischio di scivolare nel qualunquismo e nella demagogia, alimentando cosi’ un clima odioso di separatezza tra il Nord e il Sud del Paese e confermando l’immagine delle regioni meridionali come palla al piede dell’Italia. In realta’ la spesa pubblica e’ viziata dagli sprechi, dalle inefficienze e dalla corruzione in tutto il Paese e una conferma arriva, proprio in queste ore, dalle notizie sull’Expo 2015 di Milano. A distanza di due anni e mezzo dalla sofferta designazione del capoluogo lombardo per un evento internazionale che rappresenta oggi la piu’ straordinaria opportunita’ per il sistema Italia, il bilancio dell’Expo e’ il seguente: un valzer di tre amministratori delegati, una sorda lotta di potere che coinvolge partiti e istituzioni, nessuna opera iniziata. Un enorme spreco di soldi pubblici, nella virtuosa Lombardia, in quella Milano dove si concentra un quarto del pil nazionale.
I soldi che gli amministratori del Sud spendono con fatica sono i fondi europei che rappresentano gia’ da qualche anno l’unico, vero rubinetto finanziario delle amministrazioni locali. Dove ieri dominava la Cassa per il Mezzogiorno, oggi ci sono le bandiere dell’Unione. Il meccanismo di assegnazione dei fondi e’ piuttosto tortuoso, e in una giungla di regole e’ prevista una tappa decisiva in sede nazionale, proprio dalle parti del ministero dell’Economia che di fatto ha un potere di veto su questi stanziamenti. Il risultato e’ che, per esempio, la Campania aspetta da circa un anno (la Basilicata da 14 mesi) il via libera per spendere 4,1 miliardi di euro ripartiti tra 36 linee d’azione e decine di singoli progetti. Il ministero sostiene che si tratta di finanziamenti a pioggia, troppo dispersivi, che rischiano di non produrre alcuna ricaduta efficace sull’economia del territorio. Bene. Ammettiamo pure che l’obiezione sia giusta: ma serve un anno per sbloccare i dossier? Le verifiche, con le relative controproposte, non possono concludersi piu’ rapidamente? Il sospetto e’ un altro, e lo stiamo verificando dall’uso dei fondi Fas documentato dai dati della Ragioneria generale dello Stato. Con questi soldi il governo, che come le regioni ha i suoi problemi di bilancio in rosso fuoco, ha pagato tra l’altro l’abbattimento dell’Ici ( in tutta Italia), i lavori per il G8 in Sardegna ( e qui, a proposito di cialtroneria, il capitolo e’ affidato alle inchieste della magistratura), il dissesto finanziario del comune di Roma. E perfino una parte dell’ultima manovra, per stabilizzare il deficit nazionale, e’ stato finanziato attraverso il ricorso ai fondi Fas. Si tratta di un uso improprio di risorse destinate ad altri obiettivi, uno scippo, insomma, se vogliamo dirlo con un parola secca. A spese del Mezzogiorno che lo ha subi’to, bisogna dirlo, anche perche’ la sua voce nell’establishment politico nazionale e’ inesistente e gli attuali rapporti di forza all’interno della maggioranza sono nettamente sbilanciati a favore della Lega, del suo bacino elettorale e degli interessi che esprime. Con l’avallo del ministro dell’Economia.
Piuttosto che assegnare patenti di cialtroneria, il governo dovrebbe una volta per tutte assumersi la responsabilita’ di intervenire, con gli strumenti di cui dispone, per snellire le procedure, allentare la morsa della burocrazia, e favorire cosi’, anche nel giudizio dell’opinione pubblica, una differenza tra chi e’ in grado di spendere i soldi pubblici e chi invece riesce soltanto a sprecarli. Intanto, per documentare meglio i singoli capitoli di spesa dei fondi europei, nelle diverse amministrazioni meridionali, Il Mattino fara’ un viaggio nei bilanci delle singole regioni. A quel punto, forse, si capira’ meglio chi sono i veri cialtroni.
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