La corsa a ostacoli della ricerca in Italia

Tutte le speranze portano a Bruxelles. La strada italiana per la ricerca non è mai stata agevole né si prospettano repentini cambi di passo con i conti pubblici che reclamano rigore: tanto basta a spiegare perché centinaia di aziende e ricercatori in queste ore spulceranno i bandi di gara della Commissione europea per complessivi 7 […]

Tutte le speranze portano a Bruxelles. La strada italiana per la ricerca non è mai stata agevole né si prospettano repentini cambi di passo con i conti pubblici che reclamano rigore: tanto basta a spiegare perché centinaia di aziende e ricercatori in queste ore spulceranno i bandi di gara della Commissione europea per complessivi 7 miliardi di euro. I finanziamenti italiani arrivano con il contagocce ed ecco che si sposta il tiro verso le floride opportunità comunitarie. Con una controindicazione, però, da non sottovalutare. Troppo spesso infatti la fame di risorse in passato ha spinto i nostri ricercatori a presentare progetti bocciati da Bruxelles perché ritenuti di qualità inferiore o meno pertinenti rispetto a quelli firmati dai nostri principali competitor europei. Effetto inevitabile di una corsa, a volte disordinata, verso l’unico vero sbocco possibile per chi cerca sostegno all’innovazione. La lezione è fin troppo chiara: ad eccellere in Europa sono proprio i Paesi che possono contare su politiche industriali nazionali più attente e di riflesso più generose verso la ricerca. In un colpo solo si coltivano competenze eccellenti e si evita che ci si tuffi in modo poco incisivo verso fondi comunitari considerati l’ultima spiaggia.

 

 

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