Quando si parla di nuovi stili di vita, pensiamo spesso a cose astratte, metaforiche, da decifrare. E invece stiamo affrontando in modo diretto il tema del cambiamento, attraverso il decisivo osservatorio dei nostri comportamenti quotidiani. Anche i più semplici.
Cambiare stili di vita
Ho letto con molta avidità il libricino di Adriano Sella, Miniguida dei nuovi stili di vita (edizioni Monti) che ripropone la possibilità di un cambiamento dal basso, ormai in atto nella società italiana, che investe i consumi (da quelli alimentari a quelli energetici), le relazioni (pensate agli eco-condomini che abbiamo raccontato spesso in questo sito), la mobilità (dal car sharing alle piste ciclabili) e in generale il nostro rapporto con le cose. Ma quello che mi ha più colpito in questo libro è il passaggio sui tre binari, è la definizione di Sella, che conducono ai nuovi stili di vita: sobrietà, tempo e spazio. Esaminiamoli da vicino.
La sobrietà
Quando si parla di sobrietà c’è sempre il rischio di scivolare nella retorica di stili di vita francescani, che riguardano minoranze e non possono certo convincere la maggioranza dei cittadini e portarli sulla strada del cambiamento. Qui invece la sobrietà è declinata come una chiave della felicità, una scelta di leggerezza, che non è privazione, sacrifici, ascetismo, ma semplicemente una lucida capacità di sapere distinguere l’utile dal superfluo, il necessario dallo spreco. E quanto più riusciamo ad andare verso l’essenziale, tanto più siamo sereni, ricchi di relazioni, e dunque potenzialmente felici. La sobrietà è un rimedio naturale, efficacissimo, contro uno dei peggiori mali che dilagano nell’era moderna: il narcisismo. Essere sobri significa, in modo spontaneo e senza forzature, non stare sempre a guardare il proprio ombelico, concentrati su se stessi, ma alzare lo sguardo attento e non indifferente verso gli altri.
Il tempo
Il secondo binario individuato da Sella, già missionario in Brasile e professore di Etica teologica, è il tempo, un altro aspetto sul quale questo sito torna spesso con i suoi contenuti. Ne sprechiamo tanto, troppo, ma innanzitutto ne siamo schiavi in un’eterna e affannosa rincorsa che spesso conduce al nulla. E l’affanno del tempo, l’essere schiacciati da questa valanga, è un rischio quotidiano che corriamo laddove le tecnologie ci inducono alla fretta, a fare più cose contemporaneamente, a non liberare il pensiero dagli affanni del presente. Dunque, il tempo è una delle principali riconquiste che aprono le porte ai nuovi stili di vita: dobbiamo tornare ad esserne padroni.
Lo spazio
Infine lo spazio. Lo spazio è la città che viviamo, che calpestiamo con gesti irrazionali (gettare un mozzicone di sigaretta a terra), è il condominio dove siamo in rissa con i vicini di casa, il quartiere nel quale viviamo senza coltivare relazioni, smarrendo il senso della comunità. Lo spazio vissuto così è l’anticamera della solitudine. Il nuovo spazio fisico è quello in cui riusciamo a condividere qualcosa, a sentirci parte di una comunità. Ognuno con la propria identità e i propri interessi. E lo spazio va curato, un compito che non possiamo chiedere solo alle pubbliche amministrazioni.
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