Il gruppo Lavazza, gigante italiano del caffè, si presenta con le credenziali di una grande azienda che ha sposato la religione della sostenibilità. Sul suo sito un’intera sezione è dedicata alle iniziative sociali, economiche e ambientali di Lavazza: dagli impegni per la decarbonizzazione agli interventi a protezione dei piccoli coltivatori di caffè, dall’economia circolare al caffè sostenibile(?). A completare il quadro, con una perfetta operazione di marketing, ci sono il solito, e inutilem Bilancio di sostenibilità, e persino gli interventi contro la deforestazione.
Peccato però che, grazie a una denuncia di Greenpeace Svezia, Lavazza risulta tra i responsabili della distruzione di intere foreste incontaminate nel paese dell’Europa del Nord. L’accusa è molto documentata e circostanziata: Lavazza vende i suoi prodotti in imballaggi ottenuti distruggendo alcune delle ultime foreste primarie d’Europa, da dove prende il legno trasformato poi in cellulosa.
Le cose più singolari di questa denuncia sono due. Lavazza non ha dato alcuna risposta a Greenpeace Svezia, eppure da un gruppo che si auto-dichiara così impegnato per la sostenibilità, ci si aspettava almeno una reazione con qualche smentita o con l’impegno a rivedere le proprie forniture per gli imballaggi. In secondo luogo, le accuse a Lavazza, marchio molto conosciuto in Italia (anche per i suoi massicci investimenti pubblicitari), nel nostro Paese sono passate sotto silenzio. Evidentemente non interessano ai giornali e alle televisioni che intanto continuano a celebrare il caffè Lavazza, compreso quello sostenibile (?).
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