LAVORO IMMIGRATI
Ogni mattina ne incontro almeno due. Il primo, un ragazzo nigeriano, Samuel, pulisce, come se fosse uno spazzino, l’area di Viale Romania, una strada strategica della Capitale, dove si trovano, tra l’altro, il Comando Generale dei Carabinieri e l’università LUISS. Il secondo, Ibrahima, invece, arriva dal Senegal, e ramazza la zona di Via Veneto.
Samuel e Ibrahima ce l’hanno (quasi) fatta. Non hanno un lavoro stabile, anzi: sono più precari di un qualsiasi precario italiano. Ma almeno non sono rinchiusi in qualche Centro di accoglienza (e di corruzione), non sono in fuga, e si considerano ormai arrivati alla meta, hanno capito perfettamente che quelle strade dove fanno gli spazzini, al posto degli spazzini italiani, possono essere la loro salvezza.
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LAVORO IMMIGRATI IN ITALIA
Entrambi non guadagnano uno stipendio fisso e dignitoso. Ma non chiedono l’elemosina, non girano parrocchie con la mano tesa, non pensano, cosa ancora peggiore, a gesti malandrini. Guadagnano, grazie ai soldi dei residenti, dei passanti e dei commercianti, quanto basta, per il momento, per vivere in un modo più dignitoso. Dunque, non stanno certo sprecando la loro vita come tanti altri loro connazionali.
Infine, questi due ragazzi che mi sorridono con lo sguardo né malinconico né arrabbiato, sono consapevoli che pulire una strada, da semi-volontari, è solo un primo passo verso possibili sbocchi nel cosiddetto mercato del lavoro, spesso di fatto più che saturo. Magari, ci sarà qualcuno che vedendo come lavorano Samuele e Ibrahima, offrirà loro un posto stabile, in un condominio, in una famiglia, in una scuola, in un’azienda. Ovunque ci sia bisogno, e i posti certo non mancano per il tipo di attività che svolgono Samuel e Ibrahima. Grazie a loro, per il momento, strade imbottite di mozziconi, carte e bottiglie di plastica, vengono trasformate in luoghi da senso civico svizzero.
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IMMIGRATI CHE PULISCONO LE STRADE
E noi, noi italiani, noi romani, noi cittadini dell’altra parte del mondo, che cosa abbiamo da guadagnare da Samuel e da Ibrahima? Tanto. Tantissimo. Questi due giovani africani sono la prova vivente, in carne ed ossa, di come, dal basso, e anche in una metropoli difficile come Roma, l’integrazione possa funzionare ed essere gestita. Ne sono più che convinto: in Italia di persone come Samuel e Ibrahima, che fanno lo steso lavoro e con le stesse modalità, ne esistono a migliaia. E ci fanno onore come italiani, che abbiamo aperto le porte e i cuori, e come cittadini, che riusciamo ad accogliere ed a integrare, anche con un piccolo sforzo di fantasia urbana.
E tornando all’utilità che, riconosciamolo, è un pezzo importante del puzzle della buona integrazione, c’è da dire che Samuel e Ibrahima puliscono una delle città più sporche d’Italia, dove ogni anno ciascun residente, in media, scarica oltre 500 chilogrammi di spazzatura. Una città che, senza di loro, gli immigrati, sarebbe ancora più inquinata e zozza.
Nel video, la storia di Bolaji Asis, rifugiato, e il suo impegno per integrarsi onestamente nella città che lo ospita, Roma, senza chiedere l’elemosina (Fonte: Fanpage):
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