Un punto in più di povertà vale quasi un punto in più di aumento del lavoro minorile. E così dall’Unicef arriva l’allarme forte e chiaro: laddove la pandemia non è stata ancora piegata e la crisi economica si è accentuata, leggi i paesi più poveri, il reclutamento di bambini e bambine è in forte aumento. Dopo che per vent’anni si era riuscito ad abbassarlo.
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LAVORO MINORILE
Il lavoro minorile sta esplodendo. Dopo l’arrivo della pandemia, e anche per effetto del Covid-19, uno dei maggiori sprechi della vita dell’umanità è nuovamente tornato a crescere. Tra il 2000 e il 2016, infatti, il numero di bambini impiegati in fabbriche, fattorie e miniere, si è ridotto di quasi 94 milioni unità, raggiungendo la cifra, comunque raccapricciante, di 152 milioni nel mondo. Nei quattro anni successivi l’inversione di tendenza: 8 milioni di bambini in più al lavoro, e 6,5 impiegati in attività pericolose. Se continua di questo passo, secondo l’Organizzazione internazionale per il lavoro (Oil) e l’Unicef la pandemia potrebbe spingere verso il lavoro altri 9 milioni di minorenni, bambini e bambine.
Il tema era stato rimosso. Mi sono chiesto i motivi di questa rimozione, nonostante le periodiche grida manzoniane dell’Unicef (abbiamo anche la Giornata mondiale contro il lavoro minorile…) , e credo che tra i tanti guasti della globalizzazione ingiusta ci sia anche un effetto perverso sulla perdita di senso del lavoro: ciò che fino a ieri era considerato inaccettabile, minorenni nelle catene di montaggio, oggi è un dato acquisito, con i minorenni che per esempio fanno parte della massa dei lavoratori borderline per le consegne a domicilio.
Credits: Yavuz Sariyildiz / Shutterstock.com
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DOVE SI CONCENTRA IL LAVORO MINORILE?
Dove si concentra il lavoro minorile? Sicuramente l’epicentro del lavoro minorile è l’Africa, dove un bambino su quattro lavora. Quasi sempre in condizione disumane. Nello Zimbabwe per l’estrazione dei diamanti, e così in tanti altri paesi nelle piantagioni di banane, caffè, olio di palma e prodotti alimentari. Ma è molto riduttivo circoscrivere la piaga del lavoro minorile alla parte del mondo meno sviluppato. Ci sono poi alcuni paesi, dove il lavoro di bambini e bambine è parte integrante del sistema produttivo. In Thailandia, per esempio, un terzo della forza lavoro è fatto da minorenni; nelle Filippine lavorano 2milioni e 200mila bambini; in India si superano i 50 milioni.
LAVORO MINORILE IN ITALIA
Lavoratori bambini sono spesso denunciati in America, per esempio, specie nella parte più profonda e più agricola del Paese. Li troviamo nelle nostre campagne, innanzitutto al Sud, quando c’è da fare la raccolta del pomodoro o la vendemmia. E li vediamo in giro per il mondo, nelle fabbriche globali dei grandi brand, dove si produce a costi bassissimi per la manodopera e pericoli altissimi per le vite umane a rischio spreco. Inutile dire che il lavoro minorile in Italia è vietato dal 1967, come in tutti i paesi europei, sulla base della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (articolo 36). Secondo i dati raccolti dalla Fondazioni Di vittorio e da Save the Children i bambini e le bambine sotto i 16 che lavorano in Italia sarebbero 340mila. Tutti occupati illegalmente. In maggioranza sono baristi, aiuto camerieri, manovali, braccianti, baby sitter.
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COME CONTRASTARE IL LAVORO MINORILE
La battaglia del lavoro minorile va ripresa. Ed è una battaglia sovranazionale, nella quale possiamo fare non poco come consumatori. Per esempio, avendo chiara la provenienza dei prodotti che acquistiamo, chiedendo garanzie sulle condizioni di lavoro dei fornitori, anche per un paio di scarpe da ginnastica o per uno smartphone. Non rassegniamoci, insomma, a una sconfitta dell’uomo, della sua dignità e della sua unicità. E consideriamo il lavoro minorile di oggi per ciò che rappresenta: un pezzo di quello che non ci piace, e non ci potrà mai piacere, della globalizzazione.
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COME FERMARE IL LAVORO MINORILE
Le uniche misure contro il lavoro minorile finora sono state repressive e non preventive. Ovvero: bloccare le importazioni nei paesi ricchi di merci che provengono da pesi poveri e sono prodotti con il lavoro di minori. Gli esempi sono diversi. Per esempio, gli Stati Uniti hanno messo al bando le importazioni di tabacco dal Malawi e di cacao dalla Costa d’Avorio perché una parte della lavorazione coinvolgeva bambini e bambine. Ma purtroppo gli effetti di questi divieti rischiano di trasformarsi in veri e propri boomerang. I bambini non vanno più a lavorare, le famiglie si impoveriscono e la miseria aumenta.
LAVORO MINORILE E BANCA MONDIALE
Viceversa, come dimostra un’analisi molto approfondita della Banca mondiale, i programmi che davvero riescono a contrastare il lavoro minorile non fanno perno sugli embarghi e sui divieti, ma su alcune politiche sociali sul territorio. Primo: dare somme di denaro alle famiglie che mandano a scuola i bambini. Secondo: agevolare l’accesso al credito per le famiglie povere. Terzo: sconti fiscali, con l’azzeramento delle tasse scolastiche, per chi manda i bambini a scuola. Sono queste le tappe dalle quali passa la lunga strada per estirpare la piaga del lavoro minorile.
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