Lecanemab: il medicinale che funziona contro l’Alzheimer

Buoni risultati se la malattia è ancora in fase precoce. In alcuni ospedali, come il San Raffaele a Milano, viene già somministrato

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La nuova speranza contro l’Alzheimer si chiama lecanemab: un medicinale che avrebbe mostrato alcune qualità per intervenire non solo sui sintomi, ma direttamente sulla malattia, se si riesce a intervenire quando è ancora nella fase precoce.

Dopo un lungo periodo di perplessità anche l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), dopo la valutazione del Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) ha dato un parere positivo per la vendita in commercio di questo anticorpo monoclonale.

La valutazione dell’autorità europea arriva dopo il via libera dell’Agenzia federale americana Food and Drug Administration (FDA) che si occupa della sicurezza dei farmaci. E a questo punto il farmaco viene già somministrato in alcuni ospedali italiani, come il San Raffaele di Milano.

Cos’è

Il lecanemab appartiene alla categoria dei farmaci monoclonali, in forte espansione negli ultimi anni, e agisce come un localizzatore della proteina beta-amiloide, colpevole della formazione di minuscole ma numerose placche nel cervello capaci di danneggiare i neuroni.

La sua efficacia riguarda la fase precoce della malattia (motivo in più per considerare fondamentale una diagnosi in tempi ragionevoli), quando la compromissione cognitiva e la demenza sono ancora lievi. E le speranze di modificare l’evoluzione della malattia, quando è ancora in una fase iniziale, sono molto alte.

Lecanemab è stato studiato e progettato per legarsi selettivamente alle forme solubili della beta-amiloide, prevenendo la loro aggregazione e promuovendo la rimozione delle placche già esistenti. Questo meccanismo è stato testato in diversi studi preclinici e clinici, mostrando una riduzione notevole delle placche amiloidi cerebrali dopo un trattamento prolungato.

Il farmaco viene sviluppato in collaborazione con Biogen. L’approccio del lecanemab mira non solo a migliorare i sintomi, ma anche a modificare il decorso naturale della malattia, rallentandone la progressione. Questa caratteristica lo distingue da altri farmaci per l’Alzheimer, che spesso si limitano ad alleviare i sintomi senza intervenire sulle cause sottostanti della patologia.

Come si prende

Il lecanemab va preso in somministrazione endovenosa ogni due settimane, ed è inutile per chi si trova già in una forma di demenza avanzata, così come è sconsigliato a pazienti che assumono anticogulanti o trombolitici. Motivo in più per avere diagnosi precoci e non con ritardi medi, come avviene in Italia, di 10-12 mesi.

Il lecanemab, il cui sviluppo è guidato dall’azienda farmaceutica giapponese Eisai, è ancora oggetto di studi che confermino il suo valore clinico e riducano al minimo i rischi per la sicurezza del paziente. Al momento, il lecanemab è stato associato a possibili controindicazioni come emorragie cerebrali e gonfiore del cervello. Anche la presidente dell’Associazione italiana contro l’Alzheimer, Patrizia Spadin, ha espresso un giudizio favorevole sul lecanemab e sulle sue potenzialità.

Quanto costa il Lecanemab

Il lecanemab, commercializzato come Leqembi, ha un costo annuale stimato intorno ai 24.000 euro per paziente. Questo rende il farmaco accessibile a un numero limitato di pazienti, ma l’eventuale copertura da parte del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) potrebbe ampliarne l’accesso.

Al momento, non è ancora chiaro se il farmaco sarà totalmente o parzialmente rimborsato dal SSN; le autorità sanitarie italiane stanno ancora valutando il rapporto costo-efficacia e le modalità di accesso per i pazienti.

Dove comprarlo in Italia

Attualmente, il lecanemab è disponibile solo presso alcune strutture ospedaliere specializzate, come il San Raffaele di Milano. La distribuzione del farmaco è strettamente regolata, poiché è necessaria una supervisione medica durante la somministrazione.

L’accesso al farmaco richiede una prescrizione specialistica, ed è probabile che venga introdotto un percorso di valutazione per stabilire quali pazienti siano idonei al trattamento. La possibile copertura dal SSN è ancora oggetto di discussione.

Donanemab

Un altro farmaco correlato al lecanemab è donanemab, sviluppato dalla casa farmaceutica Eli Lilly. Anche donanemab è un anticorpo monoclonale progettato per bersagliare la proteina beta-amiloide e rallentare la progressione della malattia di Alzheimer nelle sue fasi iniziali.

Il farmaco ha recentemente ottenuto l’approvazione da parte della FDA per il trattamento dell’Alzheimer lieve, e i primi risultati degli studi clinici suggeriscono che donanemab potrebbe essere in grado di rallentare significativamente il declino cognitivo nei pazienti che rispondono positivamente al trattamento.

Tuttavia, come per il lecanemab, anche donanemab presenta possibili effetti collaterali e richiede un attento monitoraggio medico.

Attualmente, il donanemab non è disponibile in Italia. La sua domanda di autorizzazione all’immissione in commercio nell’Unione Europea è in fase di valutazione presso l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) dal mese di agosto 2023.

Solitamente, il processo di approvazione dell’EMA richiede fino a 210 giorni, ma in questo caso potrebbe protrarsi oltre tale termine. Pertanto, è teoricamente possibile che il donanemab, se fosse considerato idoneo, venga approvato ormai in Europa nel 2025.

Controindicazioni ed effetti collaterali

Il lecanemab è stato associato a una serie di effetti collaterali, alcuni dei quali possono essere gravi. Tra gli effetti più comuni ci sono anomalie legate all’amiloide rilevate tramite imaging (ARIA), che possono manifestarsi come gonfiore o emorragie cerebrali.

Altri effetti collaterali riportati includono:

  • Mal di testa
  • Confusione
  • Vertigini
  • Alterazioni della vista
  • Nausea

E in rari casi, convulsioni.

Inoltre, il lecanemab è sconsigliato a pazienti che assumono anticoagulanti o trombolitici a causa dell’aumentato rischio di emorragie cerebrali. I pazienti che scelgono di iniziare il trattamento devono essere monitorati attentamente tramite scansioni cerebrali periodiche per identificare eventuali complicazioni legate al farmaco.

È fondamentale che i pazienti discutano approfonditamente con il proprio medico i potenziali rischi e benefici del trattamento con lecanemab, soprattutto considerando le controindicazioni note e i possibili effetti collaterali.

Risultati degli studi clinici

I risultati degli studi clinici su lecanemab sono stati promettenti. Ad esemio, lo studio di fase III CLARITY AD ha coinvolto un’ampia popolazione di pazienti con malattia di Alzheimer in fase precoce, dove la somministrazione del lecanemab ha ridotto la progressione del declino cognitivo e funzionale del 27% dopo 18 mesi di trattamento.

Dati a tre anni indicano che il trattamento continuo con lecanemab offre benefici crescenti per i pazienti con Alzheimer precoce. In particolare, si è osservato un miglioramento di circa 1 punto sulla scala CDR-SB, che misura la gravità della demenza in base ai livelli di memoria, orientamento e capacità funzionali del paziente.  Ancor più importante, il profilo di sicurezza del farmaco è rimasto stabile nel corso del trattamento.

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