Ci sono amministratori comunali che nascondono le loro incapacità, i loro errori, e la loro distanza abissale dai cittadini, con l’arma dei divieti e delle multe. Come nel caso della giunta comunale di Lecco, dove il sindaco Mauro Gattinoni, ha introdotto il divieto assoluto di dare qualsiasi mangime, granaglie e avanzo alimentari agli animali randagi che girano in città.
A LECCO VIETATO SFAMARE GLI ANIMALI RANDAGI
La multa prevista da Gattinoni è salatissima, a conferma di quanto siano dure le condizioni imposte dall’amministrazione: 500 euro. Ma dove sta l’incapacità nascosta con ordinanze e verbali? In un capoluogo di provincia che conta ben 50 mila abitanti, non esiste neanche un rifugio, dicasi uno, per cani e gatti randagi. Sappiamo bene che la gestione degli animali randagi sia un problema per le città. Aumentano la sporcizia, possono fare danni al decoro urbano, richiamano i roditori. Ma sappiamo altrettanto bene che questi problemi non si risolvono con le multe che mettono a rischio la vita dei poveri animali randagi. Servono luoghi per raccoglierli, e serve una buona incentivazione, capillare, per favorire l’adozione di cani e gatti randagi. Ragionevolezza, buonsenso, e non il lanciafiamme delle multe.
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ASSOCIAZIONI ANIMALISTE
La scarsa fantasia da sindaco tutto di un pezzo di Gattinoni non poteva passare inosservata alle associazioni animaliste presenti sul territorio, che hanno fatto notare come gli animali accalappiati finiscano a 40 chilometri di distanza da Lecco, dove appunto non esiste neanche un rifugio per i randagi. Così le associazioni, con in testa la Lega italiana per la difesa degli animali e dell’ambiente, hanno fatto ricorso al Tar per ottenere il ritiro dell’ordinanza.
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