Leconomia mondiale sposta il cuore a oriente

Internazionale The Economist, Gran Bretagna L’11 novembre il Giappone ha espresso la volontà di unirsi alle trattative con gli Stati Uniti e altri otto paesi per realizzare la Trans-Pacific partnership (Tpp), ossia la proposta di un’alleanza commerciale per un’area di libero scambio tra i paesi che si affacciano sull’oceano Pacifico. Se i dieci paesi raggiungessero […]

oriente

Internazionale

The Economist, Gran Bretagna

L’11 novembre il Giappone ha

espresso la volontà di unirsi alle

trattative con gli Stati Uniti e

altri otto paesi per realizzare la

Trans-Pacific partnership (Tpp), ossia la

proposta di un’alleanza commerciale per

un’area di libero scambio tra i paesi che si

affacciano sull’oceano Pacifico. Se i dieci

paesi raggiungessero un accordo, il Tpp

rappresenterebbe un mercato di circa il 40

per cento più esteso di quello dell’Unione

europea. Questa notizia ha elettrizzato il

Forum di cooperazione economica

dell’Asia-Paciico (Apec), riunitosi dal 7 al

13 novembre a Honolulu.

Il presidente statunitense Barack Obama,

che ha fatto gli onori di casa, spera che

il Tpp diventi la base di un’area di libero

scambio di grandezza simile a quella

dell’Apec. Mentre l’eurozona sembra allo

sfascio, un accordo del genere sposterebbe

ancora di più il baricentro dell’economia

mondiale dall’oceano Atlantico al Pacifico.

Ci sono molte ragioni per essere ottimisti.

Yoshihiko noda è stato nominato primo

ministro del Giappone poco meno di

tre mesi fa, ma a Honolulu ha annunciato

una delle decisioni più audaci degli ultimi

anni, che potrebbe innescare una serie di

riforme nella moribonda economia nipponica.

Questo potrebbe portare altre grandi

economie come il Canada verso le trattative

per il Tpp, che al momento coinvolgono

Stati Uniti, Australia, Brunei, Cile, Malesia,

nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam.

Con l’aggiunta del Giappone il Tpp potrebbe

sfidare le mire liberiste della Cina.

Pechino, infatti, nell’area ha rapporti con

l’Associazione dei paesi del sudest asiatico

(Asean), la Corea del Sud e il Giappone ma

non con i paesi che si affacciano sul Pacifico.

Allineandosi agli Stati Uniti, Tokyo spera

così di avere un peso globale maggiore

in settori come la produzione di auto elettriche

e di energia pulita, sottraendo mercato

alla Cina.

Ma gli ostacoli sono molti. L’annuncio

di noda è arrivato con un giorno di ritardo

a causa dell’ostilità di buona parte del Partito

democratico alla liberalizzazione commerciale.

Le ambizioni di noda, inoltre,

sono minacciate dalla potente lobby agricola

giapponese.

ron Kirk, il rappresentante per il commercio

statunitense, ha espresso dei dubbi

sull’effettivo impegno del Giappone nel

rimuovere le norme più protezionistiche

soprattutto nel settore agricolo, manifatturiero

e in quello dei servizi. I rappresentanti

al Congresso statunitense eletti in stati

chiave per l’industria automobilistica hanno

esortato l’amministrazione Obama a

valutare con prudenza l’offerta nipponica.

La Ford, per esempio, ha definito il Giappone

“il paese più protezionista del mondo”,

dato che, per ogni macchina esportata

a Tokyo, il Giappone ne manda duecento

negli Stati Uniti. Gli allevatori dello stato

del Montana hanno protestato per le barriere

sanitarie imposte da Tokyo alle importazioni

delle loro carni.

Un mercato che fa gola

Molti dei paesi minori coinvolti, invece,

vedono nella partecipazione del Giappone

la possibilità di accedere a un altro mercato

enorme, dopo quello statunitense. Tuttavia

temono che l’aggiunta del Giappone

rallenti le trattative che, dopo otto round,

dovrebbero terminare nel 2012. Inoltre

noda ha confermato che il Giappone potrebbe

uscire dai negoziati qualora non

gradisse la loro evoluzione. Una prospettiva

poco allettante per gli altri paesi del

Tpp.

Secondo Meredith Broadbent del Centro

per gli studi strategici e internazionali

di Washington, il Giappone può sfruttare

la coincidenza delle elezioni del 2012: durante

la campagna elettorale la Casa Bianca

non dedicherà molta attenzione alle

questioni commerciali.

L’11 novembre, prima dell’annuncio di

noda, alcuni studiosi statunitensi erano a

Tokyo al convegno “Come potrà sopravvivere

il Giappone al ventunesimo secolo”.

La risposta scaturita dai lavori è che si può

essere ottimisti sul futuro del paese proprio

alla luce di una sua possibile partecipazione

al Tpp. Dunque, se noda raggiungesse

quest’obiettivo, sarebbe una grande

notizia per l’arcipelago e più in generale

per l’economia mondiale. Una buona notizia

di cui tutti adesso hanno disperatamente

bisogno.

 

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