LEGGE ASSEMBLEA SINDACALE –
Massimo danno, minimo sforzo. Il caso del Colosseo, improvvisamente chiuso per un’assemblea sindacale, non è un episodio isolato: il film si era già visto nei mesi scorsi a Pompei, agli Uffizi, a Brera. Ovunque i sindacati dei custodi sono forti e riescono a utilizzare questo strumento con un clamore enorme, visto che di solito il museo viene chiuso, e senza pagare pegno, come avviene nel caso di uno sciopero.
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STATUTO DEI LAVORATORI: ASSEMBLEA SINDACALE –
Per capire l’uso disinvolto e ormai reiterato dell’assemblea, bisogna partire dalla legge. Lo Statuto dei lavoratori è molto generoso in materia e concede a ogni dipendente 10 ore l’anno per partecipare alle assemblee sindacali, una cifra che poi aumenta in virtù della contrattazione collettiva della categoria. Il primo vantaggio, per chi protesta, è scolpito nella legge laddove si ricorda che ciò avviene «senza una minima riduzione economica». Lo sciopero costa, l’assemblea è gratis. È il motivo per cui, per esempio, a Pompei negli ultimi 18 mesi non c’è stata neanche un’ora di sciopero, ma circa una decina di assemblee. Per il datore di lavoro, in questo le caso Soprintendenze, invece il danno dell’assemblea è equivalente a quello dello sciopero: mancando all’appello il necessario personale di vigilanza, non resta che chiudere il monumento.
Il secondo vantaggio, che ha portato allo stravolgimento della funzione dell’assemblea, si riferisce al fatto che qualsiasi organizzazione sindacale, anche una sola, può convocare un’assemblea, purché lo comunichi prima di tre giorni dalla riunione dei lavoratori. Qui scatta un vero trucco messo in campo dalle varie sigle che spadroneggiano nel nostro patrimonio dei Beni culturali. Conoscendo in anticipo i turni di lavoro, il piccolo sindacato, e di solito in ciascun museo o sito archeologico se ne contano almeno sei-sette autonomi da sommare ai confederali, che vuole paralizzare il museo, ottenendo lo stesso risultato dello sciopero, deve soltanto scegliere il giorno in cui sono previsti in servizio, in maggioranza, i suoi iscritti. E il gioco è fatto. Per il momento l’unico caso in cui il datore di lavoro è riuscito a difendersi si è visto a Pompei nel luglio scorso, quando di fronte a un manipolo di custodi pronti a bloccare gli scavi con un’assemblea, il soprintendente Massimo Osanna è riuscito comunque a presidiare la vigilanza negli edifici e all’ingresso principale utilizzando il personale fornito dall’Ales, la società in house del ministero dei Beni Culturali. E i fatti gli hanno dato ragione, perché intanto la Procura della Repubblica di Torre Annunziata ha aperto un fascicolo sulle assemblee facili a Pompei ipotizzando il reato di ricatto (articolo 629 del codice penale) e di interruzione di un servizio pubblico.
ASSEMBLEA SINDACALE: LIMITI –
Già, l’interruzione del servizio pubblico. Questo è un altro varco nel quale si è insinuata la prassi scorretta delle assemblee facili. I custodi dei musei e dei siti archeologici, in teoria, non corrono questo rischio, a differenza del personale pubblico della scuola e dei trasporti. In pratica non si capisce perché, e in base a quale interpretazione giuridica, una scuola è considerata un luogo di servizio pubblico, impendendo così ai bidelli di convocare improvvise assemblee, mentre un museo viene ridotto al rango di azienda. Questo induce i prefetti ad alzare bandiera bianca, cioè a non intervenire con forme di precettazione, e l’Autorità del garante per il diritto allo sciopero (che costa ai contribuenti quasi 8 milioni di euro l’anno) a non prendere posizione. Da qui la totale impunità, sulla quale adesso il governo sembra intenzionato ad intervenire, per una forma di protesta diventata selvaggia.
ASSEMBLEA SINDACALE: SINDACATO –
Infine, Susanna Camusso sostiene che riunirsi, per i lavoratori, è un diritto che attiene alla sfera della democrazia. Come darle torto? Peccato però che l’uso delle assemblee diventi spesso pretestuoso e improprio rispetto alle finalità dello strumento previste dalla legge. Ieri al Colosseo, come in altri casi, si protestava per il ritardo dei pagamenti di alcune competenze, di straordinari per il lavoro svolto nei giorni festivi. Bene: questa materia non è attinente al ruolo delle singole soprintendenze, ma dipende direttamente dal ministero dei Beni Culturali e del Turismo. Quindi l’interlocutore dell’assemblea, equivalente per gli effetti a uno sciopero, è sbagliato. Così più che una legittima rivendicazione, la riunione diventa soltanto un pretesto per mettere in ginocchio un monumento dove, come nel caso del Colosseo, ogni giorno non arrivano meno di 15mila visitatori. E qui la parola ricatto ci sta tutta.
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