‘Sulla mia pelle’, il film su Cucchi, riaccende i riflettori sul reato di tortura: una legge “incompleta”

La durissima valutazione sulla norma, inserita per la prima volta nell’ordinamento italiano nel 2017, è dell’Onu, secondo il quale il testo "crea spazi reali o potenziali per l’impunità". Quindi deve "essere modificato" perché non è conforme alle disposizioni della Convenzione Onu contro la tortura

LEGGE TORTURA ITALIA

LEGGE SUL REATO DI TORTURA

Sulla mia pelle‘, il film sugli ultimi sette giorni di vita di Stefano Cucchi, è un pugno nello stomaco. Racconta la drammatica storia di un giovane che ha trovato la morte mentre era nelle mani dello Stato, senza però regalare nulla a Stefano. Arrestato per spaccio e detenzione di droga, Cucchi è morto il 22 ottobre 2009 a seguito di una serie inaccettabile di eventi che, nel caso dovessero essere accertati dalla magistratura, mettono a nudo una crudeltà inaudita e un’indifferenza preoccupante. Film come questo, oltre ad accendere i riflettori sulla sacrosanta ricerca della verità, riaprono il dibattito decennale sul reato di tortura.

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Questa fattispecie di reato, dopo numerosi tentativi caduti nel nulla, è stata introdotta per la prima volta nell’ordinamento italiano nel 2017. Sin dalla sua approvazione, però, ha suscitato non poche polemiche. Il testo finale, infatti, è molto diverso dalla proposta fatta inizialmente tanto che il primo firmatario, il senatore Luigi Manconi, si è rifiutato di votarlo. Polemiche che si protraggono anche ad un anno di distanza e che vengono alimentate da tanti, come l’avvocato di Cucchi, Fabio Anselmo. Il legale è convinto infatti che si tratti di una legge “inutile e inapplicabile“, principalmente perché per arrivare alla condanna del pubblico ufficiale bisogna dimostrare che la violenza sia stata perpetrata in ‘più condotte’. “Ad oggi – ha dichiarato Anselmo in un’intervista a Rolling Stone – la legge sul reato di tortura è una norma che ha poco senso, che introduce mille paletti che circoscrivono tantissimo l’applicabilità di questa legge; basti pensare che ora come ora non è applicabile a nessuno dei casi che conosciamo e di cui mi sono occupato, dagli abusi del G8 passando per le uccisioni di Federico Aldrovandi e Stefano Cucchi”.

Sulla legge italiana che introduce il reato di tortura si sono espresse negativamente anche le Nazioni Unite che, lo scorso dicembre, attraverso il Comitato dell’Onu hanno emesso una durissima valutazione: il testo è “incompleto” e soprattutto “crea spazi reali o potenziali per l’impunità”. Quindi deve “essere modificato” perché non è conforme alle disposizioni della Convenzione Onu contro la tortura.

SULLA MIA PELLE STEFANO CUCCHI

Stefano quando è morto aveva 31 anni. Era stato arrestato a Roma il 15 ottobre 2009 con l’accusa di detenzione e spaccio di droga. Il suo decesso è avvenuto una settimana più tardi mentre si trovava in custodia cautelare presso la struttura carceraria ospitata all’interno dell’Ospedale Pertini di Roma. Dopo un primo processo, nel settembre 2015, su espressa richiesta dei familiari, la Procura della Repubblica di Roma ha riaperto un fascicolo d’indagine sul caso. Nel luglio 2017 sono stati rinviati a giudizio cinque carabinieri, tre dei quali sono accusati di omicidio preterintenzionale e abuso di autorità. I tre avrebbero colpito Cucchi con schiaffi, pugni e calci, facendolo cadere e procurandogli lesioni diventate mortali per una successiva condotta omissiva da parte dei medici curanti.

LEGGE TORTURA ITALIA

Casi come quello di Cucchi ma anche di Uva, Aldrovandi, passando per le torture fatte nelle caserme Nino Bixio e Diaz, durante il G8 a Genova, sono emblematici della necessità di intervenire in modo serio nell’ordinamento per impedire, o comunque scoraggiare, il verificarsi di episodi di questo tipo. Un obiettivo tutt’altro che semplice da raggiungere perché è necessario trovare il giusto equilibrio tra la tutela dei diritti di chi finisce nelle mani dello Stato e la garanzia dell’operatività delle forze dell’ordine. Ma è decisivo arrivare ad una soluzione efficace perché, come spiega Manconi in un’intervista al Tascabile, “sanzionare penalmente gli atti definibili come tortura – oltre che una sacrosanta battaglia di civiltà – ha come primo effetto salvaguardare il prestigio di quei corpi e difendere l’onore della divisa che è stato macchiato da quei pochi, pochissimi, che commettono atti violenti e illegali”.

La foto di copertina è tratta dalla pagina Facebook di Lucky Red.

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