Lettera ambientalista a Monti per fermare il Ponte sullo Stretto

Se è vero che non tutti i mali vengono per nuocere, la crisi economica e l’arrivo di un governo tecnico in supplenza della politica possono forse essere l’occasione per archiviare una volta per tutte un progetto ritenuto folle come quello sul Ponte sullo Stretto. Questa è almeno la speranza delle associazioni ambientaliste Fai, Italia Nostra, […]

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Se è vero che non tutti i mali vengono per nuocere, la crisi economica e l’arrivo di un governo tecnico in supplenza della politica possono forse essere l’occasione per archiviare una volta per tutte un progetto ritenuto folle come quello sul Ponte sullo Stretto. Questa è almeno la speranza delle associazioni ambientaliste Fai, Italia Nostra, Wwf, Legambiente e Man (Associazione mediterranea per la natura) che nei nei giorni scorsi hanno scritto proprio con questo obiettivo una lettera al presidente del Consiglio Mario Monti.

L’iniziativa è stata presentata questa mattina a Roma insieme a una dettagliata "contro-relazione" che ha impietosamente ricordato i tanti aspetti critici e spesso persino paradossali del progetto. Ben 245 pagine di osservazioni che le organizzazioni hanno prodotto, come scrivono allo stesso premier, "nell’ambito della procedura speciale di Valutazione di Impatto Ambientale per le infrastrutture strategiche".

Detto fuori dal reverente linguaggio burocratico utilizzato nella lettera, la questione di fondo per le associazioni ecologiste è che il Ponte è pericoloso in quanto sarebbe un azzardo ingegneristico compiuto in una delle zone più sismiche del Mediterraneo; è un’infrastruttura inutile dal punto di vista della mobilità e della promozione dello sviluppo economico; costa uno sproposito, 8,5 miliardi di euro, che potrebbero essere usati in maniera molto più proficua; rappresenta una minaccia paesaggistica e ambientale, sia per l’impatto che avrà l’apertura di decine di cantieri sulle due rive dello Stretto, sia per la migrazione di milioni di uccelli (4,3 sono stati quelli censiti in volo in appena un mese e mezzo di controlli radar).

Obiezioni vecchie, che vengono ripetute ormai da anni, ma che per i loro aspetti paradossali non smettono mai di sorprendere. Vale la pena di ricordarne alcuni: il Ponte sullo Stretto, ricordano Fai, Italia Nostra, Wwf, Legambiente e Man nelle loro osservazioni, avrebbe una campata lunga 3,3 chilometri, mentre la più lunga esistente al mondo (Akashi Kaikyo, in Giappone) è di appena 1,9, km. Il ponte giapponese è però solo stradale, mentre quello tra Reggio e Messina dovrebbe essere sia stradale che ferroviario. Per costruire quest’ultimo, secondo i progettisti, sarebbero sufficienti appena 6 anni, mentre per Akashi Kaikyo ne sono occorsi ben 12. I cantieri per i lavori occuperebbero inoltre sul versante siciliano uno spazio pari a oltre tremila campi da calcio, mentre su quello calabrese ne sarebbero sufficienti "appena" la metà.  

Proprio perché si tratta di aspetti che gli ambientalisti denunciano da tempo, più che sulla razionalità di queste osservazioni le speranze di uno stop definitivo all’opera si concentrano ora sul contesto economico generale del paese. "Dobbiamo battere sul tasto dello spreco che rappresenterebbe il Ponte in un momento drammatico come l’attuale", sottolinea il presidente dei Legambiente Vittorio Cogliati Dezza. Non a caso a dare manforte a questa campagna era presente alla conferenza stampa una piccola pattuglia di parlamentari di diverse forze politiche, dal Pd all’Udc, da Fli ai Radicali.

"Il Ponte è un progetto fallito e incompatibile con l’attuale fase economica che vive il paese – commenta ad esempio il futurista Fabio Granata – da solo rappresenta un costo pari a oltre un terzo dell’ultima manovra Monti". Il democratico Francesco Ferrante sottolinea invece un’altro aspetto della particolare contingenza: "Proprio perché quello in carica è un governo tecnico – dice – mi auguro che non abbia una posizione ideologica e fermi il progetto attraverso lo strumento istituzionale della valutazione di impatto ambientale".

Nella loro lettera a Monti, come ricordato in conferenza stampa, le associazioni denunciano poi l’incompletezza del progetto redatto dalla Stretto di Messina spa (concessionaria interamente pubblica) e da Eurolink (General contractor), un documento costato 66 milioni di euro di fondi pubblici, ma che "non può essere ritenuto definitivo" viste le tante lacune e approssimazioni.

Quest’ultimo è un punto estremamente importante, perché decisivo in caso di battaglia sulle possibili penali. Secondo gli ambientalisti, imponendo ora uno stop all’opera, lo Stato non sarebbe tenuto a nessun esborso non solo perché il progetto non è definitivo, ma anche perché la clausola che fissa la presentazione del progetto come ultimo atto entro il quale è possibile tirarsi indietro rappresenta "un alterazione ex post di requisito di gara".

Ma è fondamentale, ha concluso Stefano Lenzi del Wwf, che "il governo eviti il punto di ‘non ritorno’ dell’avvio dei cantieri e rigetti il progetto definitivo" evitando di dover pagare 56 milioni per il progetto esecutivo e 425 milioni per "l’avvio anche di un solo cantiere". Per dare ulteriore forza a questa battaglia le associazioni ambientaliste hanno quindi presentato anche una diffida alla Commissione di valutazione di impatto ambientale e avviato una petizione popolare per chiedere lo scioglimento della Stretto di Messina spa, l’unico atto che permetterebbe di scrivere definitivamente la parola fine all’intera vicenda. 

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