LIBERALIZZAZIONE DROGHE LEGGERE IN ITALIA –
Poche righe in una relazione di oltre 700 pagine. Poche righe che però hanno il peso di una bomba, in quanto a metterle nero su bianco è la Direzione nazionale antimafia, guidata dal procuratore Franco Roberti, con il sostegno della commissione parlamentare antimafia presieduta da Rosy Bindi. Nella relazione annuale, presentata qualche giorno fa alle Camere, la Dna si sofferma sul mercato illegale della droga, in gran parte controllato dai clan della criminalità organizzata, e di fronte al fallimento della repressione, indica al legislatore come “opportuna” una clamorosa svolta: la depenalizzazione della materia, ovvero la liberalizzazione delle cosiddette droghe leggere, a partire dalla cannabis e dai suoi derivati.
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DROGA LIBERA IN ITALIA –
Le statistiche sono sconfortanti. Il mercato italiano gira a gonfie vele e vale uno smercio tra 1,5 e 3 milioni di chilogrammi di cannabis l’anno, pari a un consumo 20 canne pro-capite. E rispetto a un fenomeno che gli stessi inquirenti guidicano ormai “endemico”, “capillare” e “sviluppato ovunque” mancano i mezzi e gli uomini per contrastarlo. Nè si possono ipotizzare aumenti di risorse sul fronte anti-droga in quanto, è scritto testualmente nella relazione della Dna consegnata al Parlamento, “si lascerebbe scoperta la lotta alla criminalità mafiosa, alle estorsioni, al traffico di esseri umani e di rifiuti, alla corruzione”. Da qui la resa. L’imprevista presa di posizione della Direzione nazionale antimafia rappresenta un ulteriore passo di una politica e di una cultura che sembrano sempre più diffuse in Italia, in controtendenza rispetto agli altri paesi occidentali, a favore di una liberalizzazione del consumo di droga. Prima abbiamo avuto una legge che ha ridotto le pene per lo spaccio di droghe giudicate “leggere”, fino a considerarlo un reato poco rilevante; poi c’è stato lo smantellamento di fatto del Dipartimento per le politiche antidroghe (Dpa) il cui responsabile, Giovanni Serpelloni, è stato licenziato in tronco dal governo Renzi perchè considerato troppo severo rispetto alla cannabis ed ai suoi rischi. E adesso arriva l’ultimo tassello del puzzle, con una richiesta della Dna e della commissione antimafia di approvare una legge per la definitiva depenalizzazione delle droghe “leggere”.
LEGALIZZAZIONE CANNABIS IN ITALIA –
Quello che più sorprende di una presa di posizione così netta è il timing, laddove gli indicatori essenziali del fenomeno vanno tutti nella direzione opposta rispetto a scelte favorevoli alla depenalizzazione. Partiamo dagli aspetti che riguardano la salute e più preoccupano milioni di famiglie travolte dall’onda lunga del mercato della droga “sviluppato ovunque”, come scrive la Dna. Uno degli argomenti da sempre messo sul tavolo dai sostenitori della liberalizzazione è quello della presunta innocuità della cannabis, considerata meno nociva del fumo e dell’alcol. Bene: la letteratura scientifica, in tutto il mondo, sta invece continuando a sfornare studi e ricerche che provano il contrario. L’ultimo documento arriva dal King’s Collegedi Londra ed è stato appena pubblicato dalla rivista Lancet dopo sei anni di indagini sul campo. I risultati sono drammatici: la super-cannabis (quella generalmente utilizzata dai consumatori italiani) è alla base di un caso di psicosi su quattro e aumenta di cinque volte il rischio di schizofrenia, allucinazioni e rallentamento del tempo. Anche l’Organizzazione mondiale della sanità recentemente ha lanciato un allarme sugli effetti della cannabis sui giovani che la utilizzano con frequenza: sono ragazzi condannati ad essere apatici, che perdono motivazioni di vita e trascurano le scuole. Dunque, l’argomento dell’innocuità della cannabis è semplicemente falso e non proponibile.
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CONSUMO DI CANNABIS IN ITALIA –
Esaminando, poi, più da vicino la tendenza sui consumi di droga in Italia si scopre che il quadro non è omogeneo. Anzi. Sta accadendo che si riducono gli acquisti di cocaina, eroina ed ecstasy, mentre l’uso di (super)cannabis appare in aumento di cinque punti soltanto nell’ultimo anno. Specie tra le nuove generazioni, anche grazie a un micro-spaccio (di fatto depenalizzato) davanti alle scuole. In pratica siamo arrivati al punto in cui un ragazzo su quattro, tra i 15 e i 19 anni, fuma abitualmente canne, abbinandole di frequente al binge drinking (un adolescente su tre ne è vittima), ovvero l’assunzione di più bevande alcoliche nel giro di due ore. Ma se questi sono i dati, raccolti e divisi regione per regione nell’ultima relazione dell’ormai eclissato Dipartimento per le politiche antidroghe, come si può pensare di depenalizzare quell’unica droga, appunto la cannabis, i cui consumi sono in così forte incremento? Non si rischierebbe di incentivare in modo esponenziale l’uso di una droga che è spesso solo il primo gradino nel corto cirucito del tossicodipendente? Poco prima di essere licenziato, Serpelloni era stato chiaro sui rischi di una spirale incontrastasta dei consumi della cannabis e di un’eccessiva tendenza a separarla dalle altre droghe. “Purtroppo il terribile errore di oggi, di considerare la cannabis innocua, lo pagheremo domani quando vedremo aumentare i consumi di eroina e cocaina e i morti di droga che, invece, per il momento stanno diminuendo” avvertiva Serpelloni. Un ammonimento che la Dna e la commissione antimafia rispediscono al mittente, considerandolo solo una preoccupazione infondata.
DEPENALIZZAZIONE CANNABIS IN ITALIA? –
Infine, l’appello della Dna al legislatore a favore della depenalizzazione parte dalla presa d’atto di una sconfitta, che invece dovrebbe indignare gli inquirenti. In sostanza si dice questo: la battaglia contro lo spaccio illegale della droga è persa, e non arriveranno mai gli uomini e i mezzi per poter almeno provare a vincerla, tanto vale allora depenalizzare la materia. A parte che con un’affermazione di tale gravità, vista l’autorevolezza della fonte, può sorgere il sospetto che qualcuno in Italia la guerra alla droga non voglia neanche farla, visto che non ne prevede i mezzi necessari per renderla efficace, c’è da farsi una domanda. Il fallimento di una politica repressiva contro un crimine può giustificare la cancellazione del reato stesso? Con questa logica, domani potremmo pensare di depenalizzare i piccoli furti, anche perchè le forze dell’ordine non dispongono dei mezzi e degli uomini per reprimerli. E non possono certo sottrarli al capitolo della ricerca dei colpevoli di omicidi.
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