Nel Paese dei lavoretti, delle consegne a domicilio ad alto rischio, delle corse in bici per accontentare il cliente e il datore di lavoro, accade anche questo: una big company americana, Amazon, ovvero la padrona del mercato delle vendite online, indirettamente ti licenzia perché non riesci a reggere il ritmo di depositare a destinazione 150 pacchi al giorno, in circa sei ore di lavoro, pari a una consegna ogni due minuti e mezzo.
Nelle città esiste in traffico, qualche cliente non apre la porta rapidamente, a volte bisogna salire le scale a piedi, può servire una pausa di qualche minuto per andare in bagno. Tutto questo ad Amazon, e alle imprese che lavorano in sub-appalto con il colosso americano, non interessa: la produttività per ciascun dipendente addetto alle consegne, è un dogma, e non ammette deroghe.
Valter De Cillis, 30 anni, è un operaio della Levante Logistica, una società che si occupa della distribuzione dei pacchi di Amazon tra le province toscane di Pisa e di Lucca. In alcuni casi, Valter è tornato al deposito con ancora alcuni pacchi nel furgone, che non è riuscito a consegnare. Immediatamente sono scattate le procedure aziendali, rigidissime: prima il richiamo, poi la sospensione e infine il licenziamento. Infine, un particolare che forse non è marginale: Valter è un sindacalista che ha protestato spesso per i ritmi massacranti delle consegne per conto di Amazon. Troppo spesso.
Fonte immagine di copertina: Corriere della Sera
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