Maria assiste i malati terminali dove ha perso il figlio

Il ragazzo aveva solo 18 anni quando è morto di neurofibromatosi di tipo 1. E da allora per la madre è iniziata una nuova vita

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Maria ha affrontato il dolore più grande e più ingiusto della vita, la perdita di un figlio, nel modo più coraggioso: dedicandosi agli altri, malati terminali come lo era stato il suo ragazzo. La storia di Maria Porzio, 60 anni, inizia a Torre del Greco, in provincia di Napoli, dove sposa un uomo violento, che spesso la picchia. Ma non è il suo dolore più grande. Quando nasce il figlio Antonio, il 9 luglio 1990, qualcosa non va, e dopo appena un mese si scopre che il neonato soffre di neurofibromatosi di tipo 1, una malattia micidiale che porta alla comparsa di una serie di tumori. Da quel momento inizia un lungo calvario tra medici e ospedali, chemioterapie e ricoveri. Antonio è curato al Bambin Gesù di Roma, dove non escludono la possibilità di salvarlo, ma muore pochi giorni dopo avere festeggiato il compleanno dei 18 anni. Stremata dal dolore, Maria è riuscita a andare avanti, a non sprecare nulla della sua vita e ha conseguito un master in psicologia oncologica per poi andare a lavorare, come volontaria, alla cooperativa Le mille e una notte. E da qui ha accettato l’incarico di assistere i malati terminali al Bambin Gesù, nello stesso reparto dove era morto Antonio. Intanto, un grande conforto alla donna è arrivato dall’altro figlio, Guido, che le ha regato una nipotina, Beatrice, di tre anni. 

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