L’unico bar-ristorante di Cerignale sui Colli lo gestisce un’energica signora novantenne, barista e cuoca, specialista in tagliolini. Ogni giorno incassa scontrini per quattro o cinque caffè e qualche grappino, ma non ha alcuna intenzione di abbassare la serranda. Suo figlio, Massimo Castelli, ha 58 anni, ha ereditato la tenacia e ed è il sindaco del piccolo paesino a 725 metri nell’Alta Val Trebbia, sull’appennino piacentino.
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IL SINDACO DEGLI ALBERI
Il borgo, ormai, conta un milione di alberi e centoventuno abitanti, di cui quattro sono bambini in età scolare, che si alzano al mattino molto presto per raggiungere la scuola più vicina. Quella comunale, è ormai in disuso. Degli oltre 700 abitanti degli anni ‘60 sono rimasti nonni, nonne o anziani soli, senza alcuna rete parentale. Tutto, nella piccola cittadina in provincia di Piacenza, ci racconta di una morte lenta, fatta di assenze, mancanze e sottrazioni, che lavorano sempre insieme in una spirale di abbandono e spopolamento del borgo stesso. «La logica spietata dei numeri – racconta il sindaco in un’intervista al Corriere della Sera – è stata questa: meno abitanti uguale a meno servizi, meno servizi uguale a meno abitanti».
E così, Cerignale sui Colli Piacentini, a una manciata di chilometri anche dalla Liguria, rischia ogni giorno di morire nel silenzio e nell’indifferenza, come tanti altri paesini spopolati e distrutti dalla corsa alle città. Castelli, tuttavia, non si è arreso e, come un bravo sceriffo dei film western, è diventato il punto di riferimento della comunità, benché ridotta ai minimi termini. Amministratore che ama il suo ruolo, prima che col senso del dovere, Massimo Castelli lavora con l’entusiasmo e la creatività. Doti fondamentali per riuscire a far sopravvivere Cerignale da 12 lunghi anni in cui lo amministra, ma anche per stare al fianco dei piccoli comuni di cui è coordinatore nazionale.
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CERIGNALE SUI COLLI
In effetti, per sopperire alle carenze di un paesino che “lentamente muore”, serve inventiva e un approccio ai problemi radicalmente diverso: cambiare rotta, in poche parole. Quindi ecco che Castelli si inventa il forno sociale nella piazza del paese, di cui tutti e tutte possono usufruire segnando su un’agenda il giorno e l’ora: pane, pizza, pasta e chi più ne ha più ne metta. Risparmiando legna e fatica, ritagliandosi momenti di condivisione. Oppure uno straordinario servizio postale: per non perdere il servizio del postino, il sindaco ha acquistato un abbonamento al quotidiano per ognuno degli anziani soli che vive lontano dal centro abitato in mancanza di una rete sociale di supporto. Così, ogni giorno, il portalettere bussa alla porta per consegnare il giornale con un duplice risultato: fa sentire meno isolato il nonno che lo riceve e, nel frattempo, controlla se è tutto ok.
L’energia, a Cerignale, è in abbondanza, prodotta da un’altra abbondanza del posto: l’acqua. Abbandonate le stalle e gli allevamenti, con i mulini in disuso, la soluzione è presto detta: installare una piccola centrale idroelettrica che permetta al borgo di essere energeticamente autosufficiente. produciamo più energia di quanta ne consumiamo, meglio del protocollo di Kyoto» ha commentato Castelli. Con l’energia prodotta, il borgo ha abbandonato i lampioni, e così anche l’inquinamento luminoso: un talentuoso architetto, Davide Groppi, ha illuminato i muri di sasso, rendendo l’ambiente ancora più magico e sospeso nel tempo. Ma al di là della retorica del borgo fatato, Cerignale sui Colli Piacentini, con il suo alimentari trasformato in impresa sociale e la sua abbondanza di bosco, che cresce in maniera inversamente proporzionale ai suoi abitanti, ci racconta l’evidenza delle tante realtà piccole che stanno morendo schiacciate dalla morsa di sviluppo non più sostenibili, al punto da far mettere al sindaco la fascia nera al braccio per tutti i comuni che muoiono ogni giorno.
Nelle tinte fosche del futuro, però, c’è anche un buon segnale di speranza, i giovani che sembrano voler invertire la tendenza: «Siamo il salvadanaio del futuro – dice nella stessa intervista – e meno male che qualcuno se ne accorge. L’Appennino è una risorsa, uno spazio importante per la green economy e per una nuova occupazione in equilibrio con la natura». Perché, prosegue: «Le nuove generazioni sono in cerca di una felicità senza fiction, di luoghi da vivere con l’aiuto della rete, senza sentirsi distaccati dal resto del mondo».
(Immagine in evidenza tratta dal Corriere della Sera // Photocredits: Corriere della Sera)
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