Coronavirus: riapre a Tor Bella Monaca l’ambulatorio di Medicina Solidale

Da sedici anni Medicina Solidale opera nelle periferie di Roma e dovunque ci siano sacche di difficoltà per donare assistenza sanitaria gratuita e di qualità a tutti e tutte. L'emergenza Covid-19 ha permesso che venisse riaperto l'ambulatorio di Tor Bella Monaca, che ogni anno cura 13000 pazienti

medicina solidale roma

Si scrive “medicina territoriale a basso livello di accesso”, si legge “garantire il diritto alla salute”. Per tutte e tutti, a maggior ragione chi, per varie ragioni, resta un passo più indietro. Non occorre spostarsi di chilometri, la necessità di avere cure di qualità, solidali, gratuite e vicine è anche nelle nostre città, e gli esempi di medicina solidale sono tanti e molto validi. Animati dalla buona volontà e dalla competenza di dottori, dottoresse, infermieri e infermiere  che mettono il proprio lavoro a disposizione della comunità. Con altruismo doppio. 

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MEDICINA SOLIDALE ROMA

Accade a Tor Bella Monaca, per esempio, periferia est di Roma, lato nord della Casilina.  Una manciata di chilometri dalla stazione Termini e dal centro di Roma, da cui dista soltanto una ventina di minuti di auto, traffico permettendo. Da tutti conosciuto come uno dei quartieri più problematici della città per storiacce di criminalità e traffico di droga: eppure, come sempre accade, il lato illuminato della periferia sta nei grandi progetti solidali che la animano. Come quello, nato nel 2003, dell’Istituto di Medicina Solidale, con l’obiettivo di garantire l’accesso alle cure a tutti coloro che non possono permetterselo: sans-papier, migranti, persone a basso reddito. Gli ambulatori di Medicina Solidale cercano di coprire tutta la città, dalla zona del Vaticano, dove è situato l’Ambulatorio San Francesco, fino appunto al Centro di Medicina Solidale e delle Migrazioni aperto a Tor Bella Monaca. Dalla nascita ha subito stipulato convenzioni con il Policlinico e la facoltà di medicina dell’Università di Tor Vergata, e ha iniziato a operare a pieno regime in varie zone della periferia romana, dalla stessa Tor Bella Monaca a Tor Pignattara, passando per la Borgata Finocchio e Torre Angela. Molti studenti e studentesse passano il loro tirocinio nelle sedi dell’Istituto, comprendendo quanto sia necessaria una medicina più vicina ai più deboli, ai territori, alle sacche di fragilità. Che la medicina non è solo diagnosi e ricette, ma anche empatia, vicinanza umana a tutti coloro che per una ragione o l’altra sono esclusi dal Sistema Sanitario Nazionale, nonostante l’articolo 32.

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Photocredits: Piuculture.it

Da 16 anni Medicina Solidale raggruppa medici e infermieri, e più in generale tutte le figure professionali dell’ambito sanitario, per offrire assistenza ambulatoriale gratuita, servizi diagnostici e socio-sanitari, ma, soprattutto, un luogo sicuro dove poter essere ascoltati e riconosciuti. Che è la cosa che più spesso viene negata ai pazienti con storie di difficoltà alle spalle: come una donna, rumena, con un cancro al collo dell’utero in stadio avanzato non curato perché non riusciva ad ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno. Ogni minuto per lei significava vivere, e solo quando era ormai scoraggiata e abbandonata dalle istituzioni si era rivolta in ambulatorio. Poco più di due settimane dopo era già sotto chemioterapia. La sua storia ha avuto un lieto fine, e ogni tanto torna a trovare i medici che la hanno curata senza trafile inutili, controlli costosi e inconcludenti e intoppi burocratici.

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AMBULATORIO DI STRADA TOR BELLA MONACA

Un percorso non facilissimo, però, quello di Medicina Solidale, che spesso si è scontrata con la cecità e il cinismo delle istituzioni, municipio e Comune di Roma su tutti. A ottobre 2018 una mail ha chiuso l’esperienza dell’ambulatorio di strada di Tor Bella Monaca: in essa il Municipio di riferimento chiedeva la restituzione dei locali, nonostante i numeri importanti di persone che aiutassero anche dal punto di vista sociale o alimentare.

Tante piccole storie di emergenze sociali o sanitarie che sono diventate enormi con la crisi del Coronavirus. La pandemia ha colpito con molta più violenza proprio le sacche già in difficoltà: a pieno regime, con i 5 ambulatori mobili e i presidi fissi, a Medicina Solidale si rivolgono circa 13mila persone all’anno, di cui 2000 bambini. Quell’esperienza non poteva di certo andare perduta e per fortuna per una volta la lungimiranza ha avuto la meglio. Nel mese di aprile scorso, infatti, l’assessore alle politiche sociali del Comune di Roma, Veronica Mammì, ha deciso di restituire il presidio sanitario alla comunità nel tentativo di arginare l’emergenza da COVID-19. Lucia Ercoli, la direttrice dell’Istituto di Medicina Solidale e delle Migrazioni, ha accolto con grande gioia la decisione dell’assessorato, plaudendo alla sensibilità dimostrata. “Il virus – ha dichiarato in un’intervista a Roma Sette – ha colpito duro i più fragili. Anziani, malati con patologie cronico-debilitanti, immuno-depressi. E gli ospedali sono stati sopraffatti dall’emergenza fino a dover contrarre le attività di cura per le altre patologie, che non sono meno importanti, meno aggressive, meno letali. L’ospedale è per le urgenze, la sanità deve tutelare i più fragili, la sanità deve integrarsi con il sociale per i più emarginati».

(Immagine in evidenza tratta da Roma Sette // Photocredits Roma Sette)

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