Microplastiche anche nei mari più incontaminati. Trovate nei gamberetti artici

Una ricerca italiana rivela che queste sostanze sono presenti anche in una specie di crostacei molto comune nelle isole Svalbard, nel mar Artico. Essendo il pasto preferito di molti pesci, è rilevante il rischio che la contaminazione possa interessare anche la catena alimentare umana

MICROPLASTICHE GAMBERETTI ARTICI

Le microplastiche non risparmiano nemmeno il Mar Artico, uno dei mari più incontaminati del Pianeta. È quanto emerge dalla ricerca di un team italiano composto da scienziati di Enea, Cnr e Sapienza, che hanno scoperto il dannoso materiale nei gamberetti artici.

MICROPLASTICHE GAMBERETTI ARTICI

Nello specifico i ricercatori hanno preso in esame l’anfipode Gammarus setosus, un crostaceo marino molto diffuso nelle isole Svalbard, nel mar Glaciale Artico. Questa specie è alla base dell’alimentazione di diversi uccelli e pesci. Aspetto piuttosto inquietante perché potrebbe significare che la presenza di queste microplastiche è probabile anche in gran parte dei suoi predatori. Che, a loro volta, entrando nella nostra catena alimentare potrebbero consegnare al nostro metabolismo proprio quelle sostanze dannose. Secondo la ricercatrice Enea, Valentina Iannilli, infatti: “Trattandosi di una specie molto abbondante (fino a 3000 individui al m2) il rischio di trasferimento delle microplastiche nella catena alimentare umana è rilevante“.

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MICROPLASTICHE MAR ARTICO 

Dallo studio emerge che le microplastiche rintracciate negli organismi dei gamberetti sono derivanti da polimeri sintetici di vernici e rivestimenti antivegetativi, impermeabilizzanti e anticorrosivi, che vengono utilizzati nelle attrezzature da pesca e nelle imbarcazioni. Iannilli ha spiegato che all’interno di questi crostacei, di dimensioni intorno ai 3 centimetri, sono state rinvenute mediamente 72,5 particelle di microplastica tra i 3 e i 370 micrometri (milionesimi di metro), la maggior parte delle quali sono risultate essere più piccole di un trentesimo di millimetro (30 micrometri).

Le ricerche sono state condotte nell’ambito delle attività della Stazione artica “Dirigibile Italia“. La base di ricerca del Cnr deve il suo nome alle esplorazioni condotte nel 1928 dal dirigibile del generale Umberto Nobile e del suo equipaggio. Per individuare queste sostanze dannose, gli studiosi hanno utilizzato specifiche metodologie di colorazione e di spettroscopia infrarossa, dopo aver raccolto una serie di campioni oltre il 78 parallelo nord, nella fascia costiera di fronte a Ny-Alesund, sull’isola di Spitsbergenl, la più estesa dell’arcipelago delle Svalbard, in Norvegia. Un mare molto lontano ma con problemi drammaticamente simili ai nostri.

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