Spendere tanto adesso per non doverlo fare dopo. È questa la ricetta messa in campo dalla Danimarca per far fronte alla crisi economica che sta montando a seguito del necessario isolamento anti-coronavirus. Il piccolo e ricchissimo Paese nord-europeo ha deciso di intervenire massicciamente utilizzando ben il 13 per cento del Proprio prodotto interno lordo (Pil) per riempire i portafogli di cittadini e imprese, impedendo un crollo della fiducia. Un’operazione che consiste in un sostanziale congelamento dell’economia per tre mesi, durante i quali il governo si farà carico di gran parte dei mancati guadagni degli imprenditori, impedendo il licenziamento dei dipendenti. L’iniziativa rappresenta una decisa inversione di marcia che contraddice il dogma dell’austerità, pietra miliare del pensiero economico degli Stati del Nord Europa, e che è figlia della lezione della crisi del 2008. In quell’occasione, infatti, la Danimarca aveva deciso di non far crescere il proprio debito ritrovandosi con il più alto tasso di disoccupazione della sua storia.
MISURE DANIMARCA CONTRO CORONAVIRUS
Prima di analizzare nello specifico il piano di aiuti va sottolineato come in Danimarca tutto ciò sia possibile perché si tratta di un Paese molto ricco, con un debito pubblico molto basso (37 per cento del Pil a fronte di oltre il 130 per cento italiano), e con una popolazione molto ridotta (i danesi sono meno di sei milioni).
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CORONA VIRUS MODELLO DANESE
Nello specifico, come spiega il ministro del lavoro danese, Peter Hummelgaard, al The Atlantic, nei prossimi giorni il governo garantirà alle imprese private il pagamento di circa il 90 dello stipendio dei lavoratori che guadagnano fino a tremila euro, in modo che, nonostante non possano lavorare a causa delle misure restrittive, non vengano licenziati. La misura riguarderà tutti i lavoratori che guadagnano fino a 50mila euro l’anno e verrà portata avanti per tre mesi, periodo oltre il quale si spera che la situazione possa tornare alla normalità. La giustificazione delle misure si basa sulla convinzione che il mancato intervento, che provocherebbe una serie di licenziamenti di massa, nel lungo periodo causerebbe danni molto più gravi. In questo modo invece il rapporto tra imprese e lavoratori viene preservato e non si dovrà perdere tempo a riassumere dopo aver licenziato a causa della crisi. Il governo in sostanza preferisce dare soldi alle aziende affinché mantengano la loro forza lavoro, nonostante al momento stiano a casa, piuttosto che finanziare i sussidi di disoccupazione. Un altro effetto degli aiuti è impedire una compressione della domanda: avendo ancora il proprio stipendio, i lavoratori saranno incentivati a continuare a comprare, senza far fermare l’economia.
COME AFFRONTARE LA CRISI ECONOMICA CASUSATA DAL CORONAVIRUS
La Danimarca è riuscita ad approvare questo piano di aiuti con il supporto di tutti i partiti presenti in Parlamento, che hanno superato le loro divergenze per far fronte al momento di emergenza. Tra le misure adottate, il governo garantirà i prestiti delle banche alle aziende per il 70% del totale, la copertura delle spese fisse delle imprese, come l’affitto, in proporzione al calo del fatturato, e l’estensione del sussidio di disoccupazione in scadenza in questi tre mesi. In totale la Danimarca investirà circa 38 miliardi e mezzo di euro (13 per cento del Pil), una cifra mastodontica che aumenterà inevitabilmente la percentuale del debito pubblico. Un scelta che però, secondo diversi studi, provocherebbe in proporzione un aumento dell’indebitamento piuttosto contenuto (l’utilizzo del 10 per cento del Pil causa un aumento di circa il 2 per cento del debito pubblico). Un male necessario che però potrebbe scongiurare una catastrofe economica ben più significativa.
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