Musica di sottofondo? Cala la produttivita’

Sara’ pure una piacevole abitudine, ma la musica di sottofondo – classica, rock, jazz o soul che sia – non favorisce le prestazioni lavorative perche’ riduce la concentrazione e di conseguenza le performance cognitive. E questo a prescindere dal fatto che si tratti o meno della nostra musica preferita. La tesi e’ il punto di […]

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Sara’ pure una piacevole abitudine, ma la musica di sottofondo – classica, rock, jazz o soul che sia – non favorisce le prestazioni lavorative perche’ riduce la concentrazione e di conseguenza le performance cognitive. E questo a prescindere dal fatto che si tratti o meno della nostra musica preferita.

La tesi e’ il punto di approdo di uno studio condotto dagli psicologi Nick Perham e Joanne Vizard della University of Wales – Institute Cardiff, pubblicato sulla rivista Applied Cognitive Psychology.
Meglio allora sentire un po’ di brani prima di iniziare a lavorare, suggeriscono gli esperti, per poi concentrarsi sui nostri compiti adottando il silenzio come sottofondo.

La ricerca ribalta convinzioni diffuse e sostenute anche da studi scientifici. Per esempio, vari studi hanno dimostrato che la musica classica fa bene al cervello. In particolare, un lavoro diretto da Nicola Mammarella della facolta’ di Psicologia dell’universita’ “D’Annunzio” di Chieti, ha dimostrato che l’ascolto di brani musicali, meglio se di Antonio Vivaldi, potenzia la memoria degli anziani. Poi c’e’ il famoso “effetto Mozart”, secondo cui la musica rende piu’ intelligenti. In tempi piu’ recenti, altre ricerche hanno rilevato che la musica sembra migliorare le performance fisiche degli sportivi (alla maratona di New York sono state proibite le cuffiette). Per non parlare dei tanti effetti terapeutici riconosciuti alla musica.

Piu’ di uno studio addirittura l’ha promossa in sala operatoria dove sembra ridurre lo stress dei chirurghi e quindi, di fatto, aiutare il buon esito dell’intervento. Ora, pero’, la nuova ricerca rimette in discussione tutte queste certezze. I ricercatori gallesi, per arrivare alla loro tesi, hanno sottoposto a test di memoria un gruppo di volontari e chiesto loro di cimentarsi nei test o in un ambiente silenzioso o con il sottofondo della propria musica preferita, o ancora con un sottofondo musicale di brani che non erano di loro gradimento. Infine, i test sono stati eseguiti anche con un sottofondo di suoni non musicali.

In tutti i casi, le prestazioni rispetto ai test sono risultate inferiori se la prova e’ stata svolta con un sottofondo musicale e indipendentemente dal fatto che si trattasse di brani graditi o sgraditi.

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