Napoli, la capitale dello spreco. Il 38 per cento dei soldi che i comuni italiani sprecano, rispetto ai livelli standard, il livello ottimale di spesa, dei costi fissati dal Parlamento, si concentrano nel capoluogo della Campania. I servizi generali, che comprendono l’ufficio entrate, l’anagrafe, lo stato civile e i servizi tecnici, a Napoli costano 334 milioni di euro, mentre dovrebbero costare soltanto 226 milioni di euro. La differenza è lo spreco della burocrazia made in Naples.
Le cifre arrivano dalla Commissione per l’attuazione del federalismo che ha stilato una vera e propria mappa dei costi della burocrazia comunale, misurandola poi, città per città, con quelle che sono le spese standard previste per le attività municipali.
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Anche Roma compare nella lista delle città poco virtuose: la sua burocrazia costa 890 milioni di euro, mentre il costo non dovrebbe superare gli 800 milioni. Non mancano, invece, le città virtuose, come Torino, dove l’amministrazione comunale spende per la burocrazia , mentre potrebbe arrivare a quota 222.
Il paradosso di questa classifica è che, alla fine dei conti, 140 milioni di euro l’anno si puniscono i migliori: la stretta finanziaria infatti è proporzionale ai flussi di cassa e premia chi paga con minore regolarità. Essere virtuosi, ancora una volta, non conviene. Tornando a Napoli, mentre la burocrazia comunale è al vertice della classifica degli sprechi nazionali, questo video racconta un’ennesima assurdità: milioni di euro pagati, ogni anno, dal comune di Napoli per l’affitto di edifici che poi non utilizza.
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