Stefano Caldoro come Guido Bertolaso: il presidente della regione, sulla base del tormentato decreto legge approvato dal governo, è ormai il dominus della questione rifiuti in Campania, come l’ex capo della Protezione civile durante l’emergenza di due anni fa. Caldoro ha pieni poteri, compresa la possibilità di avvalersi di commissari ad acta; risorse finanziarie, a partire da una quota dei fondi europei Fas; e un unanime sostegno dal governo di un governo sospeso sull’orlo di una crisi di nervi. Soltanto che, a differenza di Bertolaso, la sua non sarà una funzione tecnica, sotto l’ombrello di palazzo Chigi, ma piuttosto rappresenterà l’esercizio di un ruolo politico con i relativi rischi che comporta questa responsabilità. Il primo scoglio sulla strada del presidente sarà quello di riuscire a concertare con province e comuni dove andranno sistemati i siti di stoccaggio provvisori e come entreranno in funzione almeno due discariche (innanzitutto Macchia Soprana, per la quale ieri c’è stato un nuovo annuncio a favore dell’apertura) che erano previste dal piano Bertolaso e invece sono saltate, sotto la pressione della protesta popolare, mandando in tilt un sistema di smaltimento ancora precario. Non sarà facile convincere la popolazioni interessate e avere la necessaria sponda da parte dei sindaci sul territorio: laddove i partiti sono sfarinati, divisi e poco autorevoli, gli amministratori locali decidono in un clima di isolamento che li spinge a stringere la bandiera dei veti ed a cedere agli umori della piazza. Poi, sempre sul versante dell’emergenza, c’è il delicato tema della solidarietà e della collaborazione con le regioni del Centro-Nord. Ieri si sono sfilate dall’appello del ministro Raffaele Fitto il Piemonte e il Veneto che non intendono ricevere e trattare la spazzatura della Campania e non è escluso che altri “no, grazie” arrivino nelle prossime ore. D’altra parte non c’è nulla da sorprendersi visto la complessità della materia e il clima intossicato di un Paese che fa molta fatica a stare insieme e coltiva, nelle sue viscere, un’antica tentazione alla separatezza. Al netto della solita retorica, e di quei patti di solidarietà scritti sulla sabbia, è in momenti come questi che si misura la coesione di una nazione e la capacità della politica di governarla.
Una volta superata l’emergenza, che sarà pure meno drammatica di come i mass media la descrivono ma certo rende Napoli una città invivibile, il presidente della regione dovrà accelerare tutte le procedure per realizzare i due termovalorizzatori previsti a Napoli e Salerno. Qui non ci sono alibi: da dominus, Caldoro dovrà mostrare le sue capacità di governo, la sua autorevolezza e la sua indipendenza da qualsiasi pressione esterna o interna alla maggioranza. E questo sarà un terreno sul quale gli elettori potranno poi giudicare uno scarto reale rispetto agli errori delle precedenti amministrazioni regionali di centrosinistra.
Infine il decreto rimette sul tavolo l’arma del commissariamento di quei comuni che non sono in grado di rispettare gli obiettivi della raccolta differenziata, il 50 per cento entro il 31 dicembre 2011. Non è una novità perché la procedura era già prevista, e Bertolaso aveva anche indicato alcuni comuni che, sulla base dei parametri fissati dalla legge, meritavano lo scioglimento come punizione per la loro inefficienza. L’azione dell’ex capo della Protezione civile fu però bloccata dalle solite coperture politiche di cui godono e hanno goduto sindaci incapaci, e dall’alto dei suoi poteri Caldoro farebbe bene anche in questo caso a dare una prova di totale autonomia: sia il primo a chiedere il commissariamento dei comuni inefficienti, senza guardare al colore politico delle varie amministrazioni. Il presidente della Campania ieri ha detto, mostrando una comprensibile risolutezza, che «Napoli si può ripulire in tre giorni». Speriamo che i fatti non smentiscano il suo ottimismo.
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