Nel frattempo siamo troppi

E’ un periodo elettrizzante per chi fa il commentatore di politica internazionale. Ogni giorno ti chiedi di cosa scrivere. Le insidie del ritiro delle truppe occidentali dall’Afghanistan? La crisi della Grecia e dell’euro? La primavera araba e la sua crisi? L’espansionismo della Cina o il rischio che esploda la sua bolla economica? L’eventualità di una […]

gente

E’ un periodo elettrizzante per chi fa il commentatore

di politica internazionale. Ogni

giorno ti chiedi di cosa scrivere. Le insidie

del ritiro delle truppe occidentali dall’Afghanistan?

La crisi della Grecia e dell’euro?

La primavera araba e la sua crisi? L’espansionismo

della Cina o il rischio che esploda la sua bolla

economica? L’eventualità di una folle aggressione

iraniana a Israele o di un altrettanto

folle attacco israeliano a Teheran?

Lascio al lettore la scelta fra questi argomenti

poco allegri. Intanto, sullo sfondo,

si muovono tendenze globali più preoccupanti,

che però anche nei migliori giornali

del mondo sono appena accennati.

Un esempio: il 4 maggio il New York Times

titolava “Esperti dell’Onu prevedono

aumento della popolazione mondiale

a 10,1 miliardi”. Non mi pare che nessuno

dei nostri opinionisti abbia scritto sul tema

nei giorni seguenti. Erano tutti presi da una questione

ben più effimera: quanto ancora rimarrà al potere il

colonnello Gheddafi?

Tristi considerazioni su come la nostra ossessione

dell’hic et nunc ci precluda una visione d’insieme. Meglio

tornare al mondo reale, dunque. All’alba del ventunesimo

secolo la popolazione umana ha superato la

soglia dei sei miliardi di persone. Il prossimo ottobre,

cioè meno di 12 anni dopo, secondo le Nazioni Unite

saremo sette miliardi. Le nuove proiezioni, che parlano

di un totale di dieci miliardi entro il 2100, fanno paura.

Ma perché succede tutto questo? Il fatto è che la cosiddetta

transizione demografica (cioè il passaggio verso

una condizione in cui le donne in media fanno meno

figli, di solito nelle fasi di urbanizzazione, in cui il tenore

di vita aumenta e le donne sono più istruite e hanno

più potere) non si sta verificando con la rapidità prevista.

Questo rapporto è stato pubblicato dalla Population

Division dell’Onu, quindi non si può certo far finta di

niente. Al centro di questa vicenda ci sono, purtroppo,

l’Africa e alcuni paesi arabi. Ma ci sono anche altri

aspetti importanti. Per esempio, la popolazione di Stati

Uniti, Gran Bretagna, Danimarca e Australia aumenta

in modo equilibrato mentre Germania, Francia, Italia,

Spagna, Russia e Giappone, con il loro alto numero di

anziani, vivranno tempi duri. Il rapporto indica anche

che le politiche restrittive attuate in Cina negli ultimi

cinquant’anni (un solo figlio per famiglia) avranno come

conseguenza, nei prossimi decenni, uno squilibrio

demografico disastroso. Si prevede, cioè, che l’attuale

popolazione cinese (un miliardo e 400 milioni di persone),

stabile ma in via d’invecchiamento, si ridurrà a 940

milioni entro il 2100. Addio al “secolo cinese”.

E poi c’è l’Africa. Una volta il generale de Gaulle disse

che il ventesimo secolo non era stato buono con

l’Africa. Ma in base al nuovo rapporto Onu il ventunesimo

secolo rischia di essere peggiore. Sinceramente non

vedo altre conclusioni, quando leggo le previsioni secondo

cui l’attuale popolazione – circa un miliardo di

persone – potrebbe raggiungere i 3,600

miliardi entro la fine del secolo. Scarsa

attenzione alla salute delle donne, culture

maschiliste, ambulatori insufficienti…

Sono cose che esistono da secoli, ma il

rapporto dice che non spariranno abbastanza

rapidamente. Certe previsioni

sono così clamorose da sembrare false.

Prendiamo il Malawi: è già in difficoltà

con gli attuali 15 milioni di abitanti, ma si

prevede che raggiungerà i 129 milioni. Lo

Yemen – che si trova in una delle regioni

più aride del mondo – ha una popolazione

che dal 1950 a oggi è quintuplicata passando da cinque

a 25 milioni, e si prevede che entro fine secolo arriverà

a cento milioni. Ma il caso demografico più clamoroso

è la Nigeria. La Population Division dell’Onu prevede

che dagli attuali 162 milioni – già insostenibili – si

arriverà a circa 730 milioni nel 2100, cioè molto più della

popolazione dell’intera l’Unione europea.

È concepibile una cosa del genere? È tollerabile? Assolutamente

no. Secondo alcuni demografi ed esperti

di riserve alimentari, l’economia mondiale è in grado di

sfamare nove miliardi di persone. Ma queste proiezioni

non tengono conto della politica alimentare internazionale,

che è pessima. Né dell’aumento dei prezzi mondiali

dei generi alimentari. Non tengono conto della

massiccia domanda futura di cibo di Cina e India, che

assorbiranno eventuali surplus americani, brasiliani o

canadesi, a spese dei paesi privi di potere d’acquisto.

Infine non tengono conto delle riserve mondiali di acqua

potabile, che probabilmente diventeranno l’indicatore

decisivo della situazione dei vari paesi nel ventunesimo

secolo. Senza sufficienti riserve d’acqua, il miracolo

della Cina e dell’India finirà. I paesi che possiedono

riserve adeguate – Stati Uniti, Europa occidentale,

Brasile, Canada – staranno bene, mentre senz’acqua lo

Yemen non raggiungerà mai i cento milioni di abitanti

previsti, perché saranno falcidiati da disidratazione,

dissenteria e malnutrizione, insieme a milioni e milioni

di africani. Quindi smettiamola di lasciarci ipnotizzare

dalla crisi finanziaria della Grecia o dalle disavventure

dell’ex capo del Fondo monetario internazionale. Cominciamo

a pensare seriamente alle vere, grandi side

del ventunesimo secolo.

Fonte: Internazionale

 

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