Un Paese sospeso. Da un lato la Grande Crisi con i suoi effetti depressivi a catena; dall’altro i primi segnali concreti, quasi dei germogli, di una nuova spinta in avanti dell’economia reale. Da un lato il (cauto) ottimismo della volontà, del fare, di una concretezza che ci ha sempre consentito di adattarci e di cavarcela; dall’altro il (rabbioso) pessimismo di un popolo che ha superato la tempesta, riuscendo a evitare almeno il peggio, ma sente ancora tutta la fatica nel trovare una strada giusta per tornare a crescere, a creare ricchezza, per tutti e non per i soliti noti. Un agile, efficace e gradevole libro del giornalista Corrado Formigli (Impresa impossibile, edizioni Mondadori) offre uno spaccato, costruito con un’unica narrazione, del punto, delicatissimo, in cui si trova l’Italia che ogni giorno spreca enormi potenzialità.
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L’angolo di osservazione è quello delle piccole e medie imprese, di imprenditori che si battono e si sbattono per vincere la sfida del mercato, per affrontare a viso aperto la competizione globale, e per inventare qualcosa che abbia a che fare con un’autentica innovazione. Otto storie, da Nord a Sud, tutte vere e autentiche, di aziende che riescono perfino a cavalcare l’onda della Grande Crisi, piuttosto che restare travolte dalla sua forza distruttiva. Uomini e donne che Formigli ha conosciuto sul campo, andando oltre il suo lavoro di conduttore di un fortunato talk show televisivo e cercando di guardare negli occhi quelli che lui definisce “nuovi eroi” e “imprenditori eccezionali”. Uomini e donne che non sprecano le loro energie, la loro passione e spesso il loro talento.
In realtà l’Italia che Formigli scava in questo libro è la migliore di cui disponiamo, almeno dal punto di vista delle energie vitali. E’ il Paese fai-da-te, che dal basso e senza aspettare sempre e solo l’aiuto esterno, corre, laddove sembriamo da decenni ormai inchiodati ai nostri guai ed ai nostri problemi di sistema Paese. A proposito di nuova crescita economica, per esempio, non è un caso se tra il marzo del 2012 e lo stesso mese del 2013 le aziende “rosa” sono aumentate di oltre 10.000 unità, e oggi complessivamente le imprese femminili (1 milione e 424.000 unità) valgono ormai il 23,5 per cento del totale.
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L’Italia di Impresa impossibile è quella che sta riscoprendo il valore della comunità, dello stare insieme, di una civiltà, più che di un modello di sviluppo, sulla quale abbiamo costruito il boom economico, la trasformazione sociale, il lungo ciclo dello sviluppo. Il benessere. A fronte di questo quadro, con interessanti segnali di cambiamento, con nuovi settori di nuova economia che si stanno consolidando, Formigli ci ricorda, testualmente, che «agli italiani manca lo Stato». E’ un’affermazione forte, forse eccessiva, che coglie però due elementi da non sottovalutare. Più che lo Stato in generale, gli italiani si sono separati dalle istituzioni e dalla politica, in un divorzio sul quale è perfino inutile scendere nei particolari. Si ritrovano nelle cronache quotidiane della nostra vita pubblica, e in una montante rabbia e indifferenza dell’opinione pubblica, che intanto assiste attonita ai danni prodotti da sprechi di denaro, tassazione martellante ed evasione di massa, burocrazia soffocante. Il secondo elemento è legato al fatto che agli italiani, prima di istituzioni solide e riconosciute, manca una vera classe dirigente, e non solo politica. Quella in campo da qualche decennio non sappiamo bene neanche da dove arriva e innanzitutto dove si è formata. Anzi: lo sappiamo, lo abbiamo capito, e abbiamo scoperto che tra i serbatoi che hanno svolto una funzione di supplenza nel selezionare questa fragile, e spesso inconsistente classe dirigente, c’è anche una nota scatola magica. Si chiama televisione.
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