Nella Prima Repubblica, i grandi capi delle correnti democristiane riconoscevano, con una certa onesta’ intellettuale, che le pensioni ai falsi invalidi piu’ che un reato erano da considerarsi una forma di redistribuzione del reddito. Laddove l’Italia e’ piu’ povera e il lavoro scarseggia (cioe’ nel Sud), chiudere un occhio di fronte a uno spreco del denaro pubblico, in fondo, equivale a dare un sussidio ai ceti piu’ deboli. Con la Seconda Repubblica, che tutto doveva moralizzare, nessuno si sogna di giustificare la truffa di massa, ma sta di fatto che le pensioni di invalidita’ crescono sempre. Anzi, volano, come se l’Italia fosse un paese colpito da continue calamita’ che lasciano sul campo milioni di feriti. Gli invalidi erano 1,6 milioni di cittadini nel 2004, e adesso sono gia’ 2,5 milioni con la prospettiva di diventare 3 milioni entro i prossimi cinque anni. L’Inps, che annuncia il solito piano straordinario di controlli, ha gia’ aperto l’istruttoria per la revoca delle pensioni nel 12 per cento delle verifiche. Ma per il momento gli invalidi taroccati possono cantare vittoria.
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