Venti donne, licenziate in tronco e senza alcuna prospettiva per il futuro. Alcune ancora minorenni, tutte giovanissime. Divennero famose per una sfida che allora, novembre 1980, quarant’anni fa, nessuno osava tentare. Specie se parliamo di manodopera femminile. La fabbrica Princess Più, specializzata nell’abbigliamento femminile, sommersa dai debiti, da una situazione difficile sul mercato e da una cattiva gestione, aveva deciso di chiudere i battenti. E invece venti donne con la tempra romagnola, siamo a Savignano sul Rubicone, prima occuparono la fabbrica per cinquanta giorni filati, dormendo sui tavoli per i tagli, e poi decisero di fare quello che gli anglosassoni chiamano workers buyout. Si comprarono l’azienda.
VENTI OPERAIE SALVANO LA FABBRICA PRINCESS PIÙ
Chi tirò fuori i soldi? Ancora oggi, nella sede della fabbrica, è incorniciata e appesa ai muri una cambiale di 56 milione delle vecchie lire, firmata dalle operaie che il 6 novembre del 1980 andarono dal notaio per fondare la cooperativa chiamata a subentrare nella produzione della Princess Più. Dopo quarant’anni e tante peripezie le venti operaie (alcune intanto sono andate in pensione) possono festeggiare un successo aziendale molto particolare. Grazie a loro nulla è andato sprecato in questa tipica fabbrica del made in Italy. Una storia tra artigianato e industria, una produzione unica e ricercatissima, e innanzitutto il lavoro delle nove persone che ancora oggi risultano nell’organico della Princess Più.
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OPERAIE CHE DIVENTANO PROPRIETARIE DELLA FABBRICA
Le sarte romagnole sono riuscite a fare il loro miracolo grazie alla tenacia, tutta femminile, e alla volontà di non mollare. Ma anche in virtù di una scelta molto azzeccata sul piano della produzione. Hanno alzato la fascia, sfuggendo così alla trappola della concorrenza delle produzioni tessili cinesi a buon mercato, e sono diventate fornitrici di grandi brand della moda per abbigliamento esclusivo (innanzitutto camicie), in seta e in chiffon. I prodotti di Princess Più, da Savignano sul Rubicone vanno in vendita in tutto il mondo. I consumatori riconoscono che ogni prodotto della Princess Più è unico, come se fosse stato realizzato su misura da un sarto.
E dall’inizio della pandemia le socie della cooperativa, per bilanciare il rallentamento del mercato del tessile e degli abiti, si sono lanciate nella fornitura di un altro prodotto: le mascherine antivirus. Dimostrando la stessa forza di volontà e la stessa duttilità che 40 anni fa ha consentito a venti operaie di non perdere il lavoro e di non sprecare il loro futuro.
La foto di copertina è tratta dalla pagina Facebook Legacoop Romagna.
La “Princess Più” è candidata al Premio Non Sprecare 2021, nella sezione “Aziende”. Per candidare i vostri progetti, seguite le istruzioni fornite qui.
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