Coronavirus: operatori e operatrici della casa di riposo dormono nella palestra dell’edificio per tutelare gli anziani

Accade a Morimondo, in provincia di Milano, dove i tredici dipendenti della residenza Riccardo Pampuri si sono auto-isolati dall'esterno dormendo su materassini in palestra per tutelare i nonnini e le nonnine ospiti da possibili contagi

operatori casa di riposo in autoisolamento

Sette operatrici socio–assistenziali, due infermiere, due addette alle pulizie, un infermiere e un animatrice. Sono i 13 dipendenti della cooperativa L’Airone di Magenta che, dal 19 marzo scorso, sono in auto-isolamento per tutelare gli ospiti anziani della casa di riposo Riccardo Pampuri di Morimondo, dove lavorano. Hanno salutato le rispettive famiglie, posizionato dei materassi in palestra e hanno deciso di non avere contatti con l’esterno per prevenire possibili contagi e tutelare, così, le nonnine e i nonnini che vivono nella struttura.

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OPERATORI CASA DI RIPOSO IN AUTO-ISOLAMENTO

I pasti vengono forniti loro dalla mensa, che si trova in un ambiente sanificato e separato dalla residenza, e, come ulteriore modalità di prevenzione, viene lasciato sui carrelli in un’apposita zona vuota fuori dalla porta d’ingresso, senza contatto alcuno con gli inservienti.
Oppure le pizze, lasciate fuori dalla porta da un ristorante pizzeria della zona in segno di solidarietà con i lavoratori che si sono auto-reclusi.
Tutti hanno ben compreso il gesto nobile, fuori e dentro. Nella struttura,infatti, infermiere e operatrici hanno ben spiegato agli ospiti e alle ospiti come mai non tornassero a casa dai loro familiari, e, come se fosse un modo per ricambiare, le chiamate notturne sono improvvisamente diminuite fino a cessare del tutto.
I turni lavorativi, infatti, non esistono: nel periodo dell’emergenza Covid-19 qualsiasi momento di vicinanza, presenza e dedizione è fondamentale, e i 13 operatori hanno deciso di organizzarsi per dei momenti di riposo, per non lasciare soli i degenti, permettendo anche, tra le altre cose, un contatto quotidiano e continuativo con le famiglie tramite servizi di videochiamata, per alleviare il dolore e la solitudine della lontananza dai propri cari.

Le famiglie, poi, e l’intera cittadina, si sono stretti silenziosamente intorno al gesto: inviando loro torte, biscotti, frutta e libri. Comprendendo le loro ragioni, soprattutto, che sono connaturate al mestiere che hanno scelto: aiutare le persone che sono in un momento della vita particolare, tutelarli e accompagnarli. Proprio per questo, i 13 auto-reclusi non vogliono essere chiamati eroi, e anche se lo sforzo aggiuntivo sarà quasi sicuramente riconosciuto, nessuno di loro ha avanzato pretesa alcuna.

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DIPENDENTI DORMONO IN CASA DI RIPOSO MORIMONDO

In un’intervista al Corriere della Sera, la presidente della cooperativa, Sabrina Saccani, ha ben specificato i motivi del gesto, motivato esclusivamente dalla volontà di tutelare gli ospiti della struttura.
«La proposta è nata da alcuni di noi che, una volta compresa la gravità della situazione, si sono chiesti come comportarsi in modo da non mettere a rischio gli anziani, la responsabilità sarebbe stata troppa – prosegue la presidente- nel milanese i casi di coronavirus si sono propagati soprattutto nella popolazione anziana, e volevamo evitare di trovarci nella situazione, purtroppo, di altre case di riposo, con il contagio che si propaga all’interno e gli ospedali al collasso».

Un breve giro di telefonate, la verifica della fattibilità della proposta e delle varie disponibilità, e in un batter d’occhio la palestra è stata trasformata in una camerata-dormitorio, un po’ di fortuna ma chiaramente a prova di contagio. Più sicuri gli operatori, più sicuri gli ospiti, e tutti più sereni, a casa e in paese. Contando i giorni che restano alla fine del periodo di auto-quarantena, per poter tornare a casa a riabbracciare i propri cari.

(Immagine in evidenza tratta da Corriere.it //Photocredits: Corriere.it)

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