Congedo parentale: ai papà non piace

Soltanto il 20 per cento dei padri chiede il congedo parentale, per occuparsi dei figli al di là della loro nascita. Tanti ci pensano le madri. Intanto all'estero...

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Il congedo parentale in Italia riguarda le donne, non gli uomini. Come se il genitore fosse soltanto uno, e non una coppia. Sulla carta questa opportunità esiste per legge, ma i maschi italiani la ignorano e la sprecano. tanto, ragionano, ai figli ci pensano le donne. Mentre il 73% dei padri italiani fa uso del congedo di paternità, solo il 20,4% opta per il congedo parentale, ovvero la possibilità di prendersi una pausa dal lavoro per occuparsi dei figli al di là dei primi giorni di vita. Favorendo, magari il lavoro delle madri. E’ vero che all’estero, praticamente ovunque, dalla Finlandia alla Spagna, dalla Svezia alla Norvegia, i periodi per il congedo di paternità e per il congedo parentale sono decisamente più lunghi. Ma i padri italiani non fanno altro che sciupare una possibilità molto importante per tutte le famiglie.

 

Che cosa c’entra il congedo parentale con la lotta agli sprechi? Il nesso è legato ad alcune buone ragioni. La prima: il carico dei figli, tutto sulle spalle delle donne, le penalizza in modo molto forte, discriminatorio, nel mondo del lavoro. Ovunque. E ciò significa che l’Italia spreca un suo giacimento naturale, cioè l’occupazione femminile. Il tasso di occupazione femminile, infatti, da noi è attorno al 46,1 per cento, rispetto a una media europea pari al 58,1 per cento. È stato calcolato che se riuscissimo a portare l’occupazione delle donne al 60 per cento (come previsto dal trattato europeo di Lisbona), il nostro pil, cioè la ricchezza del Paese in termini di prodotto interno lordo, volerebbe del 7 per cento.Eppure un figlio cambia la vita a tutti, al padre come alla madre.

Non solo non avremmo bisogno di tartassare i contribuenti, ma l’Italia avrebbe uno slancio, in termini di crescita economica, della Cina degli anni d’oro. E questo sistemerebbe molte cose, anche nei conti pubblici. E’ chiaro che le statistiche indicano, in questa vicenda, delle opportunità sprecate, e che poi comunque bisogna fare i conti con la realtà. Ma l’aumento dei papà baby-sitter si traduce in una cosa essenziale: con un maggiore equilibrio di entrambi i genitori rispetto ai doveri nei confronti dei figli, si creano delle condizioni di migliori opportunità, di lavoro e di carriera, per le donne. E si abbatte il muro di uno schema troppo rigido in Italia, in base al quale spesso la mamma è a casa e il papà in ufficio o in fabbrica.

Il secondo spreco che l’aumento dei papà baby-sitter contrasta è più intimo, ma di grande valore .Quante volte un uomo, guardandosi indietro, si pente perché ha sprecato l’occasione di condividere, fino in fondo, e fino a dove è possibile, il piacere di essere genitore e di farlo con la moglie e con gli stessi figli? La famiglia italiana è entrata in corto circuito, anche per questo aspetto, cioè per uno squilibrio nei ruoli e per un’assenza, una latitanza, talvolta del tutto ingiustificata, del padre. Infine, un papà baby-sitter non deve avere la paura di chiedere un congedo facoltativo pensando che così si rallenta la sua carriera oppure che il suo capo lo possa considerare un lavativo. Deve avere coraggio, specie se può permetterselo, perché, in fondo, il mestiere di padre è bello quanto quello di madre. E, purtroppo, non dura in eterno.

Ma perché i padri rifiutano il congedo parentale? L’organizzazione no profit “WeWorld” ha realizzato, in collaborazione con Ipsos, un rapporto intitolato “Papà, non mammo”, dal quale emergono alcune risposte. Innanzitutto, la legge, dopo tanti anni, non ha sciolto un nodo culturale: i padri continuano a pensare che l’accudimento dei figli sia a carico delle donne e non di entrambi. Mentre gli uomini devono pensare al lavoro e alla carriera, incardinati nel ruolo di capofamiglia. Un pregiudizio, purtroppo, diffuso sia tra i padri sia tra le mamme. Inoltre c’è l’ignoranza delle opportunità previste dalla legge: soltanto il 40 per cento dei padri e il 35 per delle madri sa che il congedo di paternità è obbligatorio. Infine, non mancano le pressioni delle aziende che preferiscono avere gli uomini al lavoro e lasciare i carichi familiari a carico delle donne. Magari costringendole a licenziarsi.

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