Patatine fritte come la droga

Adriana Bazzi MILANO – Mangiare patatine fritte è come fumare marijuana: rende dipendenti. Un gruppo di ricercatori italiani e americani ha scoperto perché i cibi grassi danno così tanta soddisfazione e perché è difficilissimo smettere di mangiarli. Alzi la mano chi,  è in vita sua, è riuscito ad aprire un pacchetto di chips, ne ha […]

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Adriana Bazzi

MILANO – Mangiare patatine fritte è come fumare marijuana: rende dipendenti. Un gruppo di ricercatori italiani e americani ha scoperto perché i cibi grassi danno così tanta soddisfazione e perché è difficilissimo smettere di mangiarli. Alzi la mano chi,  è in vita sua, è riuscito ad aprire un pacchetto di chips, ne ha assaggiata una sola e si è fermato lì. E se qualcuno si è domandato il perché adesso ha trovato la risposta. Il segreto sta negli endocannabinoidi, sostanze prodotte dall’intestino, chiamate così proprio perché hanno effetti simili ai cannabinoidi, marijuana compresa.

SENSO DELLA FAME – Tutto, però, comincia dalla lingua: quando una sostanza grassa viene ingerita, genera un segnale che viaggia prima verso il cervello e, successivamente , attraverso il nervo vago, arriva all’intestino e stimola la produzione di endocannabinoidi. A loro volta, questi ultimi attivano altre cellule che, attraverso sostanze chimiche, danno via al “desiderio insaziabile” di patatine (nel caso dell’esperimento appena pubblicato sulla rivista Pnas, ma lo stesso meccanismo vale quando si consumano altri cibi ricchi di grassi, soprattutto quelli presenti nel “cibo spazzatura”). Gli endocannabonoidi (in particolare l’anandamide e il 2-arachidonil-sn-glicerolo), in definitiva, interferiscono con la produzione di ormoni che hanno a che fare con il senso della fame e della sazietà e, proprio per questo, giocano, un ruolo importante nella regolazione dell’assunzione di cibi grassi.

L’EVOLUZIONE – «Parlando in termini evolutivi – spiega Daniele Piomelli, direttore del Dipartimento di Drug Discovery and Development dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Itt) di Genova e autore dello studio, condotto in collaborazione con l’University of California a Irvine – l’esistenza di questo meccanismo è stata molto importante per l’adattamento e la sopravvivenza dei mammiferi, perché i cibi grassi rappresentano un’importante e primaria fonte di energia. Oggi non è più così sia perché nell’ambiente, in cui viviamo,  abbiamo a disposizione tutti i nutrienti di cui abbiamo bisogno, sia perché lo sforzo fisico, a cui siamo sottoposti, è molto minore rispetto al passato. Ecco perché questo meccanismo, così necessario nel passato, è diventato causa di sovrappeso, obesità e altre patologie come il diabete, le malattie cardiovascolari e i tumori».

NUOVE TERAPIE – Lo studio ha anche dimostrato che, attraverso la somministrazione di un antagonista dei recettori degli endocannabinoidi , il bisogno di ingestione di grassi diminuisce. E spiega, infine,  il risultato di un’altra ricerca, appena pubblicata sul New England, che dimostra come le chips siano l’alimento che più fa ingrassare sul lungo periodo, seguite da altri tipi di patatine, dalle bevande zuccherate, dalla carne non conservata e conservata.

 

 

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