Treni più lenti d’Italia: tutti al Sud

Non c'è solo l'Alta velocità: nelle regioni meridionali viaggiano i treni con maggiori ritardi. E con la peggiore velocità. Una vera discriminazione sociale.

Peggiori tratte ferroviarie italiane

In Italia sono tanti i pendolari che ogni giorno usufruiscono del servizio ferroviario: poco più di 5,51 milioni secondo Pendolaria di Legambiente. Un numero solo leggermente superiore rispetto a quello verificato nell’anno prima. La cosa sconvolgente è, però, la diseguaglianza di velocità che si verifica tra le regioni: mentre al nord la situazione è migliorata, nel meridione viaggiano meno treni, più vecchi e soprattutto più lenti.

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TRENI PIU’ LENTI D’ITALIA

Basti pensare che il treno più lento d’Italia, per esempio, è l’Intercity, numero 721, che collega Messina centrale con Siracusa e che in otto mesi sono state accumulate cento ore di ritardi. Al secondo posto l’Intercity Roma-Palermo, che viaggia con un ritardo medio di mezz’ora, poco più dei ritardi che si accumulano sulla Freccia Bianca Milano-Taranto e sull’Intercity Triste-Taranto. Tra Ragusa e Palermo ci sono solo 3 collegamenti al giorno, tutti con un cambio, e in totale ci vogliono 4 ore e mezza per arrivare a destinazione. Tra Cosenza e Crotone, invece, non esistono collegamenti diretti: bisogna fare almeno un cambio e impiegare 3 ore di viaggio per percorrere 115 km. Atro problema è che al Sud poi l’Alta Velocità si ferma a Salerno.

Peggiori linee ferroviarie italiane

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TRENO PIU‘ LENTO DITALIA

Il record nazionale ed europeo, in termini di lentezza e di potenziali ritardi, spetta al treno regionale che collega Trapani a Ragusa (21882): 13 minuti, salvo possibili sorprese, e 47 fermate in stazioni “non presidiate”. In auto, per lo stesso percorso, bastano tre ore e mezza. Tutte le coincidenze collegate a questo treno-lumaca sono puntualmente a rischio.

PEGGIORI LINEE FERROVIARIE ITALIANE

Una situazione di estremo disagio, che verifica anche una riduzione dei passeggeri del 45%, come accade sulla Roma-Lido di Ostia, linea suburbana gestita da Atac. Oppure sulla Circumvesuviana, dove si è registrato un calo pari al 30% dell’offerta di treni. Per non parlare, poi, della chiusura di più di 1.323 chilometri di linee ferroviarie, come è successo in Molise, dove non esiste più un collegamento ferroviario con il mare. Al contrario, nelle regioni in cui si investe la cura del ferro il numero dei pendolari cresce e aumenta la voglia di spostarsi in treno. In Lombardia, ad esempio, nonostante le difficoltà su alcune linee, sono 735.000 i passeggeri che ogni giorno viaggiano sui treni regionali e in Friuli Venezia Giulia si è passati da 13mila a 21.500 viaggiatori.

Ma come mai così tanta differenza tra Regioni dello stesso Paese? Le cause sono sicuramente da addebitare nel modo diverso con cui queste realtà hanno gestito le politiche dei trasporti (riduzioni treni e aumento delle tariffe), con conseguenti tagli ai servizi ferroviari nel sud e aumento del costo dei biglietti. Un’altra nota dolente riguarda, poi, i finanziamenti stradali: è stato infatti investito solo il 13% contro il 60% utilizzato per le strade e le autostrade.

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