Perché sta aumentando la fame nel mondo

Un miliardo di persone si trovano in condizioni di “insicurezza alimentare”. Eppure dovevano azzerarsi entro il 2030, secondo l’Agenda Onu per lo Sviluppo sostenibile. Che cosa sta accadendo

Fame nel mondo

Lo scandalo della fame nel mondo sembra destinato all’eternità. Una resa senza condizioni che mette insieme la nostra indifferenza come singole persone e come comunità, e la totale abdicazione della politica, a livello internazionale, che sembra intenzionata, di fatto, a cancellare questo problema dalla sua agenda. Eppure la lotta alla fame nel mondo è un perno della sostenibilità, quella vera e non quella truccata da chi specula sulla parola-chiave per il nostro futuro, come recita il titolo dell’obiettivo numero 2 dell’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo sostenibileSconfiggere la fame.

I numeri ci dicono, in modo limpido, che stiamo andando in direzione opposta rispetto al traguardo fissato per il 2030. Le persone, donne, uomini e bambini, che ancora patiscono la fame, nel mondo sono 700 milioni,ovviamente concentrate in alcune aree del Sud del pianeta (in maggioranza paesi africani e asiatici); a loro bisogna aggiungere 343 milioni di persone che si trovano in una condizione di “insicurezza alimentare” (tradotto: possono anche morire di fame o per la povertà del loro regime di alimentazione). In tutto stiamo parlando di una bella fetta di umanità, non di un’invisibile minoranza: 1 miliardo di persone. 

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La situazione è migliorata tra il 2015 e il biennio del Covid-19 (2020-2021), ma poi ha iniziato a peggiorare in modo drammatico a partire dal 2021, e da allora le persone che soffrono la fame non fanno altro che aumentare. La risposta politica più efficace a livello globale è arrivata, negli anni passati, dal Programma alimentare mondiale (Pam) delle Nazioni Unite, non a caso celebrato anche con l’assegnazione di un Premio Nobel per la pace nel 2020. Ma una serie di fattori hanno poi contribuito a depotenziare il Pam: l’eutanasia dell’Onu, ridotto ormai a un pachiderma di burocrati e incapace di svolgere un ruolo politico a livello internazionale a supporto dello Sviluppo sostenibile; il disimpegno americano su questo versante, accentuato dall’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump, che vorrebbe ridimensionare, se non chiudere, tutti i corridoi nel multilateralismo; l’esplodere di guerre e conflitti territoriali (dall’Ucraina al Medio Oriente) che rende molto più problematico qualsiasi intervento a sostegno delle popolazioni che soffrono la fame.

In queste condizioni, l’obiettivo numero 2 dell’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo sostenibile, è completamente saltato, e il mondo occidentale, quello del benessere alimentare, dove semmai il problema principale è l’obesità, continua a tenere gli occhi ben chiusi di fronte alla tragedia quotidiana di circa 1 miliardo di persone. 

E qui entrano in gioco, e possono avere un enorme valore, se non altro per richiamarci tutti allo scandalo della fame che non arretra, i nostri comportamenti quotidiani, indirizzati alla riduzione dello spreco di cibo. Più la politica internazionale latita, e più possono avere peso le buone pratiche per la riduzione di un altro scandalo uguale e contrario a quello della fame nel mondo: lo spreco del cibo è un chiaro indicatore del mondo insostenibile, dove, come denunciava Madre Teresa di Calcutta, “in una stanza si crepa e nell’altra si spreca”. Un’ingiustizia alla quale non possiamo rassegnarci, con le mani alzate in segno di resa.

Fonte immagine di copertina: World Food Programme Italia – WFP Italia (Facebook)

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