Casa, dolce casa. E tante opportunità all’orizzonte per non sprecare, per esempio energia, e migliorare l’ambiente non solo del proprio appartamento, ma di un intero condominio e, perché no, di un quartiere e di una città. L’istituto Nomisma, che gode ancora di meritato prestigio e di affidabilità, ha pubblicato molto recentemente alcuni dati significativi. Nella famose periferie italiane costruite nel dopoguerra, dove la parola d’ordine dovrebbe essere “riqualificazione” più che improbabili o inutili abbattimenti, si concentra il 15 per cento degli edifici residenziali italiani. Inoltre circa la metà delle case dove viviamo ha bisogno di interventi di manutenzione, innanzitutto straordinaria. Se aggiungete il fatto che nelle città del Paese si consuma un terzo dell’energia e si concentra il 60 per cento del potenziale di efficienza energetica, è facile immaginare quali siano le potenzialità di un nuovo, strategico “piano casa” nazionale. Un’opportunità unica, in tempi di Grande Crisi, per sviluppo, occupazione, e quindi crescita. Sana, non drogata dalla febbre di consumi spreconi ma alimentata dall’obiettivo di risparmiare e vivere meglio.
Il punto per arrivare a una svolta è questo: chi deve decidere? Direi il sistema Paese: la politica, con i suoi centri decisionali; l’economia, con la sua rete di imprese, e le famiglie che rappresentano il più importante motore del cambiamento. Già, decidere. Gli incentivi fiscali del 36 e del 55 per cento per le ristrutturazioni-riqualificazioni, introdotti dal governo, hanno sicuramente agevolato interventi sui singoli immobili. Non si è visto, però, un vero “piano casa” che, con la legislazione vigente, non può prescindere da un coinvolgimento diretto delle amministrazioni locali. Mancano i soldi, si può obiettare: ma per un obiettivo così strategico bisogna trovarli. E sicuramente si tratta di risorse che non andrebbero sprecate, specie se ci fossero poche e certe regole per impedire la speculazione che in Italia, lo sappiamo, è sempre una possibilità piuttosto concreta. Quanto alle famiglie, duramente colpite dalle turbolenze della Grande Crisi, il ragionamento sui mezzi finanziari (sempre che ci siano) è speculare a quello della pubblica amministrazione: metterli sul tavolo conviene. Con ristrutturazioni ispirate a un’idea semplice di sostenibilità, si risparmiano soldi con le bollette di luce e gas e si guadagna salute contribuendo al miglioramento dell’ambiente in cui si vive. E quasi il 70 per cento degli italiani vivono nelle città, dove gli interventi di riqualificazione immobiliare sono più necessari. Infine una casa green, senza esagerare perché altrimenti si rischia di finire strangolati dai debiti in banca, vale di più sul mercato. Ed è molto più vendibile, specie in tempi di Grande Crisi: il mercato, infatti, la considera un prodotto di qualità e dunque ne riconosce il valore. Decisamente superiore, almeno di un trenta per cento, a quello di un’abitazione realizzata con i vecchi standard architettonici e funzionali.
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