Indice degli argomenti
SETTIMANA DI LAVORO DI QUATTRO GIORNI
L’ideologo della settimana di lavoro super corta, di quattro giorni, all’insegna del “lavorare meno, lavorare tutti”, è Pedro Gomes, economista al Birkbeck College all’università di Londra. Nel suo ultimo libro, Finalmente è giovedì! 8 ragioni per scegliere la settimana corta (edizioni Laterza), Gomes raccoglie i pareri di economisti di destra e di sinistra che spiegano i vantaggi per tutti (lavoratori, aziende e sistemi-Paese) della settimana super corta. Gomes è diventato in principale consulente del governo portoghese per le politiche sul lavoro, e il Portogallo sta sperimentando la settimana lavorativa di soli quattro giorni. Con risultati più che incoraggianti.
Il fenomeno è trasversale nel mondo globale. Da un alto, a fronte di stipendi piatti, gli orari di lavoro restano alti, e i dipendenti hanno poco spazio per la loro vita privata. Da qui una grande insoddisfazione. Dall’altro lato l’occupazione è in affanno e stenta il ricambio generazionale. Torna così di attualità una soluzione possibile, utile per tutti: Lavorare meno lavorare tutti.
SETTIMANA CORTA IN GRAN BRETAGNA
RIDUZIONE DI LAVORO IN ISLANDA
In Islanda l’esperimento è riuscito Dopo tre anni di settimana di lavoro più corta (solo quattro giorni), con lo stesso stipendio, i dipendenti del comune di Reykjavik e del governo islandese, non hanno diminuito la loro produttività, che in alcuni casi è persino aumentata. Ma sostengono di sentirsi meglio, di essere meno stressati, e di riuscire a trovare tempo per i propri hobby e a rendere più compatibile l’equilibrio tra lavoro e impegni domestici. Insomma: la loro vita è migliorata, uno dei motivi per i quali Non sprecare da sempre sostiene l’idea di Lavorare meno, lavorare tutti. E se l’Islanda è un piccolo paese, ci sono nazioni europee dove la riduzione dell’orario di lavoro sta andando avanti con buoni risultati. Come la Spagna, la Finlandia e la Germania. Per non parlare del Giappone.
PERCHÉ LAVORARE MENO
LAVORARE DI MENO
Lavorare tutti, lavorare meno. Non è uno slogan anni Settanta da rispolverare, ma una possibilità molto concreta per affrontare con serietà una grande diseguaglianza: la mancanza di un lavoro dignitoso e sicuro, obiettivo numero 8 dell’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile Onu 2030.
La crisi dell’occupazione è ormai strutturale, amplificata anche dall’effetto Covid-19 e dalle incertezze che accompagnano le onde dei contagi. E non bastano certo misure straordinarie, che tra l’altro dovrebbero avere altri obiettivi, come il reddito di cittadinanza. Certo: bisogna investire in formazione e di qualità. Bisogna formare anche ricollocare i lavoratori espulsi dall’innovazione tecnologica. Ma intanto?
Intanto diversi governi, dall’Europa al Giappone pensano a una soluzione molto più radicale: lavorare meno per lavorare tutti. Così la premier finlandese Sanna Marin intende ridurre l’orario di lavoro, attualmente di 8 ore, per portarlo a 6 ore, promettendo più posti e più produttività. In Germania, sindacati e imprese negoziano rinnovi collettivi con la settimana lavorativa di quattro giorni.
PER APPROFONDIRE: Non sprecare, per vivere meglio. Il nostro Manifesto
LAVORARE TUTTI LAVORARE MENO
Come mai in Giappone, regno del lavoro stakanovista, serio e disciplinato, guadagna punti la soluzione “Lavorare tutti, lavorare meno“? La risposta non arriva da sindacalisti estremisti, ma da alcuni casi molto concreti, creati dai manager e dai proprietari delle imprese, con i quali si dimostra che diminuire l’orario di lavoro può comportare un aumento della produttività e la diminuzione di una serie di costi. Con maggiore soddisfazione sia per le imprese sia per i lavoratori. In sintesi: meno malcontento e meno sprechi; più soddisfazione e più guadagno.
Un caso paradigmatico è quello della Microsoft Giappone. La società ha deciso di accorciare la settimana lavorativa a 4 giorni, annunciando la decisione come un test. Con risultati sorprendenti. La produttività è schizzata del 40 per cento (vantaggio per l’azienda), i consumi di energia sono diminuti del 23 per cento come quelli per la carta (altri benefici per l’azienda), mentre la soddisfazione dei lavoratori è quasi raddoppiata (+ 92 per cento). Con l’effetto di guadagni più alti, maggiori spazi per nuove assunzioni e con benefici positivi, in generale, per tutto l’ambiente di lavoro in azienda.
LAVORARE MENO E VIVERE MEGLIO
RIDUZIONE ORARIO DI LAVORO: IL CASO ORÉAL
PERCHÉ RIDURRE L’ORARIO DI LAVORO
VANTAGGI RIDUZIONE ORARIO DI LAVORO
PER APPROFONDIRE: Nell’Italia della disoccupazione record mancano oltre 10mila medici. In Molise si richiamano al lavoro quelli già in pensione
LAVORARE MENO PER LAVORARE TUTTI
Smontiamo un vecchio e falso luogo comune: non è vero che gli italiani lavorano poco, e meno degli altri cittadini europei. Nel libro Il lavoro nel XXI secolo (edizioni Einaudi), il sociologo Domenico De Masi osserva che in Italia si lavora il 20 per cento in più rispetto alla Germania: 1.725 ore pro capite contro le 1.371 dei tedeschi. Semmai sono più bassi, almeno del 20 per cento, i valori di produttività e salari. Tanto che il pil pro-capite in Italia è di 30mila euro, in Germania di 41mila euro. Mentre la disoccupazione dei tedeschi è al 3,8 per cento, rispetto all’11 per cento della nostra. Quindi il vero obiettivo, anche rispetto all’urto dei cambiamenti tecnologici, è come aumentare i posti e ridurre gli orari. Come già avviene in diversi paesi del mondo capitalista.
Le declinazioni sono diverse, ma l’obiettivo è lo stesso: lavorate tutti, lavorare meno. E lavorare meglio, lasciando anche il tempo necessario a se stessi e alla propria famiglia. Qualcosa finalmente si sta muovendo nella palude del mondo del lavoro. Una scossa forte, per esempio, è arrivata dalla Germania, dove a significativi aumenti salariali (nell’ordine del 4,3 per cento) è stata abbinata la possibilità per i lavoratori di scegliere la settimana super corta. Solo 28 ore in fabbrica, e il resto a casa, In Nuova Zelanda è stato firmato un accordo tra imprenditori e sindacati in base al quale gli stipendi aumentano, ma le giornate lavorative passano da 5 a 4. E anche in Svezia, in diversi uffici pubblici, si sta sperimentando la giornata lavorativa di sei ore.
Lavorare meno, lavorare tutti non è stato uno slogan fortunato: nella nostra (fragile) memoria collettiva rievoca la fumosa, e poi violenta, demagogia degli anni Settanta. In realtà non è così. Questa affermazione, mai così attuale in termini di potenziale programma, risale ai primi decenni della rivoluzione industriale, quando nelle fabbriche si lavorava almeno 16 ore al giorno, per 6 giorni alla settimana. Altri tempi, altre fatiche, di fronte alle quali furono gli operai e le loro famiglie, giustamente, a ribellarsi. E sapete chi cambiò il paradigma? Un super capitalista, un padrone a tutto tondo, dal nome Henry Ford, il re dell’auto, che abbassò il numero delle ore e accorciò la settimana di lavoro a 5 giorni. Segno di come aveva capito quanto gli potesse convenire questa soluzione, e non solo per la pax sociale nelle sue fabbriche.
LEGGI ANCHE: Non sprecare, anche il lavoro e innanzitutto la vita. Il nostro libro-manifesto
LAVORARE MENO PIERGIOVANNI ALLEVA
In tempi di Grande Crisi ancora strisciante e di una disoccupazione stellare e insostenibile (con uno spreco che da noi ormai riguarda intere generazioni di ragazzi), lavorare tutti, lavorare meno può diventare una soluzione, o almeno una rotta.
Non a caso in molti paesi del Nord Europa si susseguono esperimenti in diversi ambienti di lavoro, dagli uffici alle fabbriche, per valutare gli effetti della riduzione dell’orario di lavoro. Tutti coincidenti: lavorare meno migliora la salute e l’efficienza, la produttività, dei dipendenti; crea un clima più positivo all’interno e all’esterno del luogo di lavoro; spinge tutti a fare bene o comunque meglio che in passato. In una clinica svedese di Svartedalens, dove si è applicato il paradigma del lavorare meno, lavorare tutti, a conti fatti si è scoperto che i risparmi sono stati «molto significativi» anche per i minori giorni di malattia, o di permesso, presi delle infermiere. D’altra parte anche in Italia, e precisamente in Emilia Romagna, si discute di una proposta del giurista Piergiovanni Alleva per approvare una legge regionale che, attraverso i contratti di “solidarietà espansiva”, applichi l’antico slogan e lo converta in un provvedimento a favore dell’occupazione. Riducendo la settimana lavorativa da cinque a quattro giorni, ci sarebbe, secondo Alleva, un nuovo posto per ogni quattro dipendenti. Non è poco, inoltre il contributo regionale per agevolare il meccanismo, non sarebbe così pesante e non si ridurrebbe al solito spreco o alla solita clientela a pioggia, ma andrebbe a centrare un obiettivo di benessere per tutti: la piena occupazione. In ogni modo, più gli esperimenti del lavorar meno, lavorare tutti vanno avanti, più si conferma un risultato di fondo: i benefici di questo cambiamento, nel medio-lungo termine, sono decisamente superiori ai costi nel breve termine.
VANTAGGI LAVORARE MENO
Immagino le obiezioni. In Italia già si lavora poco (ma questo, tra l’altro, non è vero per tutti…), figuriamoci poi se ci mettiamo anche ad abbassare l’orario di lavoro. Si darebbe spazio a nuove forme di assistenzialismo. I costi per queste politiche sono per definizione senza copertura. Ma siamo sicuri che sia proprio così? Ho forti dubbi, e penso che una politica per l’occupazione ispirata all’idea di Lavorare meno, lavorare tutti possa funzionare e sarebbe un segno di reale discontinuità con un recente passato che ha troppo sacrificato e schiacciato il lavoro, facendolo mancare oppure pagandolo malissimo. Laddove senza lavoro, e senza soldi nelle tasche dei lavoratori, la ripresa economica, il ritorno alla crescita, e tutte queste belle storielle che ci ripetiamo ogni secondo, resteranno solo favole. Favole, tra l’altro, che fanno sorridere solo i ricchi e piangere i poveri.
LAVORARE MENO CONVIENE
In diversi paesi, Italia compresa, si sta verificando un fenomeno molto significativo. Le persone rinunciano al contratto a tempo indeterminato, quello che in gergo si chiama posto fisso, ed entrano a fare parte del “popolo della partita Iva”, con contratti part-time. Nel Regno Unito, secondo i dati forniti dall’Ufficio nazionale di Statistica, più di otto milioni di persone, circa un quarto dell’intera forza lavoro del paese, hanno un contratto a tempo determinato. Dove sta la convenienza? Si lavora meno e con maggiore flessibilità. Anche da casa, riducendo i costi degli spostamenti da e verso il luogo di lavoro. Si possono sommare più lavori, e quindi più entrate. Le tasse del lavoro part time sono più basse rispetto a quelle che gravano sul lavoro a tempo pieno.
(Nell’immagine di copertina: Alexandra Palt. Fonte: Twitter)
IL LAVORO CHE NON C’È A DANNO DI GIOVANI E DONNE:
- Giovani e lavoro: che spreco chiudere le porte in faccia ai nuovi medici
- Nell’Italia della disoccupazione record mancano oltre 50mila medici. Dove li prenderemo?
- Islanda, approvata la legge che obbliga le aziende a pagare lo stesso stipendio a uomini e donne
Vuoi conoscere una selezione delle nostre notizie?
- Iscriviti alla nostra Newsletter cliccando qui;
- Siamo anche su Google News, attiva la stella per inserirci tra le fonti preferite;
- Seguici su Facebook, Instagram e Pinterest.