Perche’ le Province sono intoccabili

Ma quali province vuole difendere il nostro ceto politico? Il governo è assediato da richieste e minacce che arrivano a tutto campo, dal centrodestra e dal centrosinistra, per salvare qualche amministrazione locale finita nella lista di quelle che saranno (?) soppresse. Presidenti e amministratori provinciali scendono in piazza con l’ambigua minaccia di non riaprire le […]

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Ma quali province vuole difendere il nostro ceto politico? Il governo è assediato da richieste e minacce che arrivano a tutto campo, dal centrodestra e dal centrosinistra, per salvare qualche amministrazione locale finita nella lista di quelle che saranno (?) soppresse. Presidenti e amministratori provinciali scendono in piazza con l’ambigua minaccia di non riaprire le scuole dopo i tagli dei trasferimenti in discussione al Senato. E intanto un’inchiesta del Mattino ha documentato, cifre alla mano, che cosa realmente non si vorrebbe toccare. Nel 2012 il consiglio provinciale di Napoli si è riunito soltanto 7 volte (57 volte negli ultimi tre anni) e un consigliere su tre ha puntualmente disertato le sedute: qualcuno, in particolare, era impegnato con un soggiorno di studi del progetto europeo Erasmus. Qualsiasi lettore può valutare quanto sia utile per il Paese e per gli abitanti della provincia di Napoli prorogare la vita e la funzione, con i relativi costi a partire dagli stipendi e dagli appannaggi dei consiglieri, di una simile assemblea elettiva. Di fronte a un campanilismo taroccato, che dietro agli interessi del territorio in realtà difende soltanto i privilegi di singole categorie, il governo ha scelto la strada del compromesso con un doppio rischio. Da un lato la protesta non si fermerà comunque, e molti padrini delle province sono con il metro in mano a chiedere di restare in campo spostando di qualche chilometro quadrato il perimetro entro il quale è previsto il taglio, e dall’altro lato si rischia il solito parto di un topolino dopo che si è promesso di scalare la montagna. Era meglio avere più coraggio dall’inizio e andare fino in fondo, per chiudere una pagina di storia delle amministrazioni locali, ormai usurata, e trasferire le competenze delle province, di tutte le province, alle regioni e alle città metropolitane. Ma lo scarso coraggio del governo diventa poca roba di fronte alle reazioni lunari di un ceto politico che continua a pensare, con piglio gattopardesco, che poi alla fine tutto possa restare come prima e come sempre. E qui la geografia non fa distinzioni. A Napoli, il presidente della provincia, Luigi Cesaro, annuncia che non si ricandiderà alla guida dell’amministrazione, ma è pronto a competere con il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, per il comando della città metropolitana. Della serie: io resto, comunque. Auguri. A Milano si costruisce una nuova sede dell’amministrazione provinciale, otto piani (in origine erano 12), con un costo di 43 milioni di euro salvo varianti in corso d’opera. Sarà inaugurata nel 2015 quando l’amministrazione provinciale, intanto, sarà scomparsa, secondo quanto previsto dal piano del governo, per essere assorbita dalla città metropolitana. Presidenti fantasma, sedi fantasma, province fantasma. Nel campanilismo all’italiana l’unica certezza è che qualcuno, alla fine, pagherà il conto. E saranno i cittadini.

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