Il perdono fa bene alla salute ma anche ai rapporti sociali. Ne è convinto Daniel Lumera, presidente della International school of forgiveness, un progetto di ricerca che studia gli effetti di questo grande gesto, sul quale ha scritto un libro che vi suggeriamo di leggere: La cura del perdono (edizioni Mondadori).
- Il perdono migliora la vita perché ci libera delle tossine dell’odio e del rancore. Siamo più leggeri e non chiusi nella prigione del rimuginare.
- Il perdono non è una pillola che va prese secondo i tempi di una prescrizione medica. È una scelta, libera e convinta. Che ha bisogno dei suoi tempi, probabilmente lunghi. E potrebbe anche non arrivare mai.
- Senza la capacità di perdonare, è difficile anche amare.Tutti, prima o poi, abbiamo bisogno di misurarci con lo scoglio del perdono. Anche durante i saliscendi di un grande amore.
- Il perdono è una medicina: migliora l’attività del sistema nervoso.
Partendo dalla sua esperienza personale, Lumera parla del perdono non in senso religioso, ovvero come “porgere l’altra guancia”, ma come terapia dell’anima per migliorare la nostra vita, imparando ad accettarsi per quello che si è, trasformando in alleati i propri nemici. E vincendo la rabbia, sempre pronta a scatenarsi quando qualcosa non funziona come vorremmo.
Dice Lumera: «Suggerisco innanzitutto di porvi una domanda. Sta meglio chi è capace di perdonare o chi cova dentro di sé odio, rancore e vendetta?». Il realtà il rancore è uno spreco di energie, di salute, di sentimenti, di rapporti umani autentici. Una grande, inutile fatica.
Il perdono produce anche benefici sulla salute: riduce, per esempio, ansia, stress, fobie e attacchi di panico. E perdonare apre le porte all’empatia, alla generosità degli altri, a qualcosa che ritorna prima ancora di essere data. La cosa più difficile resta il «come perdonare», e qui scattano i tempi necessari, e la nostra capacità di saper assumere questa autentica medicina dell’anima.
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