Pesci e crostacei imbottiti di microplastiche

I drammatici risultati di una ricerca americana: ritrovate migliaia di particelle in quasi tutti i pesci e i molluschi esaminati. I più colpiti sono i gamberetti, che tanto usiamo nella nostra cucina mediterranea

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Sappiamo che il mondo insostenibile, visto dal mare, sta andando velocemente verso un punto di non ritorno: entro il 2050 nelle acque degli oceani avremo più plastica ( meglio: microplastiche) che pesci. Ma già adesso, le ricerche scientifiche sul campo non fanno altro che dare risultati molto sconfortanti sugli effetti delle microplastiche per tutte le specie di pesci e di molluschi: un nuovo studio, pubblicato a fine dicembre 2024 su Frontiers in Toxicology, condotto dai ricercatori del laboratorio di ecologia costiera applicata della Portland State Universityl e dell’Università Statale dell’Oregon,sotto la direzione della professoressa Elise Granek e della dottoressa Summer Traylor, ha dimostrato la massiccia presenza di plastiche in alcune specie di pesci e molluschi catturati nelle acque dello stato dell’Oregon: merluzzo, rockfish nero, lingcod, salmone Chinook, aringa del Pacifico, lampreda del Pacifico e gamberetto rosa. Complessivamente sono state rilevate oltre 1.800 particelle nei tessuti muscolari di 180 dei 182 campioni analizzati.

Il record è stato raggiunto dal gamberetto rosa, molto usato nella nostra cucina mediterranea: ben 36 particelle nei suoi tessuti commestibili, nel caso di un singolo esemplare dal peso di 4,9 grammi. Il tipo di particella più presente è rappresentato dalle fibre (1.466, ovvero l’82% del totale), seguite dai frammenti (332, il 17%) e dalle pellicole (8, meno dell’1%). I colori più comuni delle particelle sono blu, nero e trasparente o bianco. La particella più lunga misurava 0,142 pollici (quanto lo spessore di una moneta da un quarto di dollaro), mentre la più larga misurava 0,07 pollici (quanto la punta di una matita). La stragrande maggioranza delle particelle sospette (65%) erano materiali come cellulosa, fibre di cotone e acetato di cellulosa, mentre circa il 17% era costituito da materiali completamente sintetici, il 9% semi-sintetici e l’8% naturali. I materiali sintetici e semi-sintetici includevano polietilene tereftalato (Pet), polipropilene (Pp), polietilene a bassa e alta densità (Pe), polietilene vinil acetato (Peva), fibra di vetro e cartone semi-sintetico. Il team di ricerca ha anche trovato un caso di un materiale comunemente usato nelle corde marine, nei tessuti ignifughi e nelle applicazioni militari.

Il problema delle microplastiche a mare è collegato al fatto che questi minuscoli frammenti, inferiori ai 5 millimetri, che derivano dalla degradazione di materiali plastici più grandi vengono scambiati dai pesci per plancton e cibo, e così si avvelenano.

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