Tutto made in Italy, sulla carta. Tutto con materia prima cinese, nella realtà. Lo scandalo delle conserve di pelati italiane vendute con tanto di etichette da made in Italy (come per esempio la “Passata di pomodoro italiana”di Tesco, la “Passata di pomodori coltivati in Italia” di Asda e il “Concentrato di pomodoro” di Waitrose) è stato scoperto da un’inchiesta della BBC.
La tv di Stato britannica ha incaricato una società specializzata, la Source Certain di fare un’accurata indagine in laboratorio di 64 passate di pomodoro, la maggior parte delle quali affermava in etichetta di contenere materia prima rigorosamente italiana. E invece si trattava di pomodori coltivati e raccolti in Cina, nella regione dello Xinjiang, da dove poi sono trasportati in Europa in treno. Tra le principali imprese smascherate dall’inchiesta della BBC ci sono le italiane Petti e Napolina, molto presenti anche nelle catene dei supermercati tedeschi, inglesi e americani.
In particolari la Petti era già incappata nel 2021 in uno scandalo simile, e adesso l’azienda si impegna a non comprare più pelati dalla Cina. Ma intanto chi protegge i consumatori che pensavano di acquistare pelati con pomodori made in Italy e invece si ritrovano con conserve fatte con la materia prima cinese? Infine, sempre a proposito di produzione e commercio insostenibili, la regione dell Xinjiang, è famosa in tutto il mondo per la repressione governativa contro la popolazione della minoranza uigura locale e per le condizioni da moderno schiavismo con le quale si lavora nelle fabbriche della zona.
Infine, un dato che dovrebbe preoccupare l’intera filiera dell’agroindustria italiana. La Cina è ormai il primo produttore mondiale del pomodoro per l’industria e ha superato gli Stati Uniti, con una crescita annua di oltre 10 milioni di tonnellate, mentre i consumi interni cinesi di prodotti realizzati con il pomodoro non arrivano a un chilogrammo pro-capite contro i 22 chili degli europei.
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