PRECARIATO A VITA
Laura ha fatto per 15 anni la ricercatrice alla Città della salute di Torino, che fa capo all’università del capoluogo piemontese. Quindici anni senza lo straccio di un contratto definitivo. Solo precariato. Una volta un contratto a progetto, un’altra volta una ricompensa forfettaria, e infine una fattura con partita Iva. Adesso, mentre le ricerche sul cancro del team dove lavora Laura lavora vanno avanti, l’università ha comunicato alla donna che non ci sono più fondi, e quindi neanche risorse per continuare a pagarla. Tecnicamente non è licenziata, ma semplicemente abbandonata a sé stessa.
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ESSERE PRECARI A 40 ANNI
La ricerca, il precariato a vita, la fine del lavoro e l’era dei lavoretti: tutto si racchiude in questa storia- simbolo di intere generazioni che stiamo sprecando nonostante tutti gli appelli stentorei sulla disoccupazione giovanile. In questi 15 anni Laura ha fatto un importante investimento personale sul suo futuro, ha dato più che un pezzo della sua vita all’università italiana dove si è tra l’altro formata (con una laurea in Medicina a Bologna): dove accidente potrà trovare lavoro, oggi, a 40 anni?
Fa venire i brividi, lo confesso anche dopo avere spesso denunciato le rigidità e alcuni privilegi sul mercato del lavoro, questa idea della precarietà sponsorizzata non da un imprenditore privato, ma da una delle più importanti istituzioni pubbliche, l’università appunto. Come se in Italia non ci fosse altro da fare che rassegnarsi a una sequenza di lavoretti e di contratti a termine. Fino all’esaurimento dei fondi.
Credo che non ci sia un giudice al mondo che non sia pronto a riconoscere la continuità del rapporto di lavoro tra Laura e l’università di Torino ed a darle, con tanto di sentenza, il diritto a un impiego a tempo indeterminato. Ma dobbiamo sempre fare appello ai giudici per mettere pezze alle infernali assurdità di questo Paese?
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PRECARIATO IN ITALIA
Continuo a sentire, da tutti i fronti politici, una nauseante sequenza di slogan e di impegni, sempre fumosi e generici, sulla lotta al lavoro precario e sugli investimenti nel settore della ricerca. Ma la storia di Laura ci racconta l’amara verità. Il precariato ormai è diventato un modo per fare lavorare la gente, una forma di nuovo schiavismo, mentre centinaia di uffici pubblici, come la stessa Università di Torino, non potrebbero andare avanti senza queste persone private di qualsiasi sicurezza. Quanto alla ricerca, ne riparliamo al prossimo appello che già mi aspetto dal prossimo governo, a favore del ritorno dei cervelli. Quelli che violentiamo come nel caso di Laura.
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