Talenti sprecati, la storia di Massimo che lascia l’università e si mette a vendere ricambi d’auto

Una carriera folgorante da studente: Massimo Piermattei è davvero un cervello, con 2 monografie e 25 saggi. Ma si è stufato di fare il precario a vita, e ricomincia da zero. Sprecando talento, sogni, passioni.

precarietà e disoccupazione

PRECARIATO E DISOCCUPAZIONE

La storia di Massimo Piermattei, senza drammatizzare ma con soltanto allungando uno sguardo attento, è davvero il paradigma vivente dello spreco di una più generazioni in Italia, e di tanti, tantissimi talenti che gettiamo nello sconforto. Ha studiato fin dal liceo la Storia dell’Integrazione europea, materia attualissima e su misura per gli studenti contemporanei, si è laureato a pieni voti, ha pubblicato 2 monografie e 25 saggi, in italiano e in inglese, per dedicarsi alla carriera universitaria.

LAVORO PRECARIO

Risultato? A 39 anni, mentre i ministri continuano ad annunciare Grandi Riformi e Ritorno dei Cervelli, Massimo si ritrova precario, super-precario, che si arrabatta per portare a casa un migliaio di euro al mese, mai puntuali, mai sicuri, facendo da scudo all’attività dei suoi capi. Nell’università dei baroni, dei baronetti, e dei soliti noti che salgono e scendono dalle cattedre.

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GIOVANI E DISOCCUPAZIONE

Dopo tanti anni di questa vita sospesa, una vita sprecata, rispetto alla passione e alle ambizioni messe in campo in partenza, Massimo ha fatto un’altra scelta. Ritirarsi. Rinunciare al suo percorso, e ridursi a vendere ricambi d’auto. Almeno guadagna meglio, e non deve stare ad elemosinare qualcosa ai suoi capi accademici. Un passo indietro, una sconfitta, annunciata con poche parole, ma chiarissime: «Ho combattuto una buona battaglia, ma ho terminato la corsa». Fine della storia.

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PRECARIETÁ E SPRECO DI TALENTI

Spero, a proposito di corsa, che qualcuno si darà da fare per consentire a Massimo di cambiare idea. Ma il punto che vorrei sottolineare con questa storia è il vero piano inclinato nel quale rischiano di scivolare una e più generazioni di giovani italiani. Prive e private di sogni, prive e private di utopia, di immaginazione. Schiacciate, in un eterno presente, con le spalle al muro, dove il futuro è solo insicurezza, delusione e frustrazione, e quindi meglio non pensarci. Imbevute di un sano realismo, che sono costrette a ingoiare (e dunque dall’università meglio passare alla vendita dei ricambi d’auto), e di una semplificazione della vita, così sprecata, ridotta a un «mi piace» o «non mi piace». Quanto basta per essere infelici, e per buttare nel cestino, spreco immenso, il proprio talento, che da quando esiste, è geneticamente abbinato ai propri sogni.

QUANDO I SOGNI SI REALIZZANO E PORTANO FELICITÁ:

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