Prigionieri del presente, come siamo finiti in questa trappola. E come ne possiamo uscire? (video)

Vite individuali sempre in affanno. Vogliamo tutto e subito, ma spesso restiamo a mani vuote. La politica ridotta a slogan calcistici, sotto il segno dell’ora e subito. L’economia dei rentier e dei lavoretti

Prigionieri del presente

PRIGIONIERI DEL PRESENTE LIBRO

Quando ho iniziato a scrivere con Giuseppe De Rita, fondatore e presidente del Censis, il libro “Prigionieri del presente” (edizioni Einaudi), ci siamo fatti due domande. Come siamo finiti in questa trappola della modernità? E come ne possiamo uscire? La diagnosi non è stata difficile. Tutti i guai iniziano da quando abbiamo iniziato, prima come persone e poi come società e come organizzazioni (dai partiti in politica, alle aziende in economia) a snaturare il tempo. Il passato, ovvero la memoria, non ci interessa più; il futuro, il sogno, non è all’orizzonte. Dunque, resta solo il presente, «l’ora e subito», e il tempo da lineare è diventato circolare.

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PRIGIONIERI DEL PRESENTE ANTONIO GALDO GIUSEPPE DE RITA

Vogliamo la felicità? Ora e subito. Conquistare salute e benessere? Ci basta qualche manuale sul web. Corteggiare un donna, provare a baciarla? Non abbiamo tempo, il sì o il no devono essere istantanei. In America il lamentarsi per non avere mai tempo è diventato uno status symbol, e in Italia le statistiche di queste vite di fretta sono davvero disarmanti. Un terzo dei genitori si definiscono «esauriti», prigionieri di un tempo che non concede lo spazio necessario alla famiglia e ai figli. Il 35 per cento dei professionisti confessa di «annaspare», non regge al ritmo compulsivo della fretta. Otto donne su dieci che lavorano e fanno le mamme confessano di avere sensi di colpa, per mancanza di tempo nei confronti dei familiari. Domanda: ma che vite sono queste? Corriamo, corriamo, ma non stiamo andando a sbattere contro un muro?

La perfida, ma allettante e seducente tecnologia, che domina e ci domina, ci schiaccia sul presente. Con uno smartphone tutto diventa on demand. Dal cibo a domicilio, con la perdita del piacere di mangiare in compagnia, alle notizie del giorno (quasi la metà dei giovani si informano esclusivamente su Facebook e certo non lo sentono come un limite), il sapere non è più l’accumularsi, nel tempo lungo, di conoscenze e competenze, ma si è ridotto, nell’attimo del presente, a una risposta sul web a ciascuna domanda. La formula di rito è questa: «Cerca su Google e vedi che cosa dice». A forza di smanettare, prigionieri del presente, abbiamo rinunciato al 30 per cento dei rapporti reali, al contatto fisico, dal bacio alla carezza. Non abbiamo tempo.

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SCHIAVITÙ DEL PRESENTE

La schiavitù del presente dilaga nella politica, dove tutto si gioca sull’attimo di una battuta, sul web o in un talk show televisivo; dove i partiti sono tribù ad personam con capo e sudditi di diverso rango, e lo scambio di messaggi tra i leader ricorda i ritmi del programma radiofonico Tutto il calcio minuto per minuto, che per decenni ci ha raccontato, a colpi di interventi sovrapposti e di interruzioni, il campionato di calcio. In Economia il presentismoha snaturato capitale e lavoro. Il primo non è più inteso come un investimento di lungo periodo, ma come la rendita per sfangarla comodamente. Risultato: siamo diventati un paese di rentier. Tutti affittiamo prime e seconde case, tutti abbiamo la nostra finestra su Airbnb. Il lavoro non è più quello difesa da battaglie civili per l’intero Novecento, con i suoi diritti e doveri. E’ il “lavoretto” o al massimo la somma di “lavoretti”: 4 euro per portare una pizza correndo in bicicletta senza né un’assicurazione né un centesimo di contributi. Ma con il rischio di farsi davvero male, perché più consegni, magari con la pioggia, e più sei pagato.

E veniamo alla seconda domanda: Come uscirne? Nel libro proviamo a dare alcune risposte, spero convincenti. Una su tutte: non facciamo troppo affidamento sugli altri, proviamo prima a scommettere sulle nostre forze, una volta che abbiamo messo a fuoco il problema. E ricordiamoci di un invito firmato da Cartesio: «Quando le cose non vanno come desideriamo, più che cambiare il mondo, ognuno di noi inizi a cambiare se stesso». Ecco dunque, da dove partire per uscire dalla trappola della modernità: dalle nostre scelte quotidiane, dai nostri stili di vita, dalla nostra capacità di discernimento. Una rivoluzione, che ci porterà fuori dalla prigione del presente.

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