FIERI, acronimo per Fabbrica Interculturale ecosostenibile del riuso. Un’officina in divenire nata nel 2017 ai piedi dell’Etna, in un vecchio casolare abbandonato che non è una semplice sede, bensì una dichiarazione di intenti: in uno spazio che si trasforma per avere un’altra chance, sorgono officine di falegnameria, sartoria e accessori, tutte accomunate dalla passione per il riciclo e il riuso. Un luogo in cui tutto ciò che non serve più ha una seconda opportunità.
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PROGETTO FIERI CATANIA
Il primo centro di riuso siciliano è nato grazie alla sinergia di 13 tra associazioni no-profit cooperative sociali, tra cui realtà attive da anni nella promozione dell’ecologia e della sostenibilità, come Mani Tese Sicilia e Rifiuti Zero, entrambe già da tempo in campo per la realizzazione di uno spazio dedicato al riuso. Un vero e proprio spazio fisico, dove è possibile realizzare laboratori di sartoria, riparazione biciclette, falegnameria e restauro del legno, riparazione apparecchiature elettriche e elettroniche, eco-bijoux, serigrafia, saponificazione. Questo è Fieri, che unisce una vocazione imprenditoriale alla dimensione sociale e solidale: in Fieri migranti e operatori lavorano fianco a fianco, intrecciando multiculturalità e competenze, creando cose ma, soprattutto, idee e nuove possibilità di futuro.
I laboratori tecnici e pratici sono infatti una delle attività organizzate in questa fucina di iniziative finalizzate alla riduzione del degrado ambientale e alla prevenzione del disagio sociale: a partire dai corsi di lingua, per abbattere la barriera più difficile al dialogo interculturale, fino ad arrivare alle iniziative per l’empowerment e l’auto-imprenditorialità. Dentro i percorsi di FIERI non ci sono capi, nessuno comanda, le decisioni sono partecipate e collettive, si ragiona e si progetta insieme, cercando di dare uno sguardo sul futuro ai ragazzi e alle ragazze che ci lavorano. «Questi ragazzi sono grandi lavoratori, ma devono imparare a diventare creatori, imprenditori a loro volta. La sfida è l’auto-emancipazione, un processo lungo che richiede cultura e tempo», spiega la presidente della cooperativa Alessandra Matarazzo in un’intervista al Corriere della Sera
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FABBRICA INTERCULTURALE ECOSOSTENIBILE DEL RIUSO
L’approccio, sempre, è proprio quello del dialogo, che guida l’operato di tutti e tutte, nello stabile che, ormai, è stato assegnato al progetto dal Comune di Catania in via definitiva. Dialogo, discussione e trasformazione: ciò che, in sostanza, succede con gli oggetti, e che, spesso in altre culture è un approccio normale e quotidiano.
Per questo a guidare l’officina di falegnameria c’è Seiku, 24 anni, dal Gambia a Catania, nel 2016. Nel suo paese ha imparato a lavorare il legno ed ora trasmette le sue conoscenze ai nuovi arrivati: Moussa, 20 anni, del Mali, e Souleymane, 19 anni, della Guinea. «Qui – racconta Seiku- puoi cambiare la tua vita, qui ho iniziato a lavorare, ho potuto trovare una casa e avere il mio primo contratto. Costruirmi un futuro». Doveva essere proprio Seiku il presidente della Cooperativa, ma l’incarico è stato bloccato per questioni burocratiche. Lo spiega ancora Matarazzo: «Doveva essere lui il presidente della cooperativa, ma per ragioni burocratiche non è stato possibile e ho dovuto assumere io la carica. Per loro il cammino con la nostra legislazione è complesso e lungo. Ma insieme abbiamo creato una cooperativa di lavoro, tre italiani e tre gambiani, e vorremmo fare impresa». Lontano dalla micro-criminalità e condizioni di marginalità, dallo sfruttamento delle mafie e del caporalato, piaghe largamente diffuse in questa parte del Belpaese.
(Immagine in evidenza e a corredo del testo tratte dalla pagina Facebook di FIERI //Photocredits: FIERI)
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