Quali sono i pericoli del multitasking

I rischi di ansia, depressione e solitudine, raddoppiano per gli adolescenti. Il nostro cervello non è un programma di software. Come non esagerare con il multitasking

effetti multitasking rischi salute 2

Il multitasking, così spesso rappresentato come uno dei grandi vantaggi offerti dall’uso della tecnologia, e persino da una forma evolutiva della nostra intelligenza, presenta rischi evidenti, e sempre più confermati dalle ricerche scientifiche. Non rassegniamoci all’idea di prendere a pugni il nostro cervello. Di metterlo in un angolo, sotto pressione come nel ring durante un combattimento, in modo che possa, come un programma di software, eseguire più cose contemporaneamente. Un conto è l’abilità di seguire più cose contemporaneamente, se e quando è necessario, altra cosa è dimenticare che il cervello fa una cosa per volta. Non di più.

Che cos’è il multitasking

Durante le nostre giornate può succedere di ritrovarci a dover fare più cose contemporaneamente, soprattutto al lavoro. Ad esempio rispondere a una mail e allo stesso tempo scriverne un’altra o portare avanti una conversazione al telefono. Si chiama multitasking. Passare da un compito all’altro in maniera abbastanza rapida ci fa sentire quasi come degli abili giocolieri. In realtà è solo un’illusione. Anche se ci sentiamo molto efficienti dal momento che stiamo portando a termine più cose contemporaneamente, in realtà non lo siamo affatto. Il multitasking è un vero e proprio virus che minaccia la nostra salute. Impariamo a difenderci cominciando a fare una cosa per volta.

I danni del multitasking

Esiste ormai un’abbondante documentazione scientifica che dimostra i pericoli e gli sprechi, per la salute, per il tempo, per le relazioni umane, legati al multitasking. Per esempio, recenti studi basati sulla risonanza magnetica, condotti dai National Institues of Health, dimostrano che l’uso intensivo di schermi nei bambini è legato a un assottigliamento delle aree della corteccia, soprattutto nelle regioni responsabili del linguaggio e delle funzioni esecutive.

Diminuiscono attenzione e concentrazione, mentre ansia, depressione e solitudine rappresentano un rischio doppio rispetto alla norma per gli adolescenti che passano più di 5 ore al giorno davanti allo smartphone. Un esperimento ha mostrato che, se uno studente lascia a casa lo smartphone, è più performante di uno che lo tiene in tasca e ancora di più di uno che lo tiene spento sul banco.

In un libro prezioso (Un cervello dell’Età della pietra nell’Era degli schermi. Edizioni Apogeo), il neurologo Richard E. Cytowic, un’autorità mondiale nello studio del cervello, spiega bene e mette in fila tutti i possibili danni del multitasking. Un elenco di pericoli davvero impressionante.

prigionieri del presente

Che cosa fare per ridurre i rischi del multitasking

Che cosa possiamo fare tutti, provando magari a trasferire queste idee anche ai bambini, per ridurre i rischi del multitasking? La prima cosa è una scelta di metodo. Torniamo alla vecchia e sana abitudine di “una cosa per volta”, e impariamo a recuperare la concentrazione, mirata su un obiettivo, privilegiando la qualità delle nostre azioni. Allontaniamo, insomma, la dannosa frenetica attività contemporanea attraverso l’uso simultaneo degli strumenti tecnologici. Scrivere una mail, guardare la tv, parlare al cellulare, usare il tablet: troppa roba tutta insieme. Il cervello ha bisogno di tempo per passare da un bisogno primario, parlare con una persona e restare concentrato in questa conversazione, a uno secondario, per esempio rispondere a una e-mail. Se proviamo a fare entrambe le cose, contemporaneamente, il rischio è di ridurre fino al 40 per cento l’efficienza della nostra prestazione cognitiva. Il bisogno primario resta in prima posizione, ma è incalzato, e dunque, indebolito, dal bisogno secondario alle porte. Risultato: rischiamo di fare male entrambe le cose. La vita non può ridursi a una somma di cose da fare, contemporaneamente, per rispettare il calendario delle scadenze. C’è bisogno di tempi e di priorità.

Altre soluzioni, ispirate alla leggerezza e alla semplicità: prevedere dei momenti, delle fasi e anche dei periodi di digiuno digitale (lo possiamo fare tutti, e non è vero che siamo condannati a essere schiavi di uno smartphone); aumentare gli spazi per la conversazione, le relazioni umane e gli incontri di persona, non virtuali; non avere la fissazione per i risultati da raggiungere al più presto possibile; non cedere all’ansia da prestazione; riprendersi la libertà di avere i propri spazi e il proprio tempo. Se vi sembrano cose troppo impegnative, e non lo sono, provate a realizzarle gradualmente. Anche una per volta. E partite da questa domanda: “Perché sono così ostinato nel fare più cose contemporaneamente”?

Perché ci ostiniamo a fare più cose per volta

La ragionevolezza e il buonsenso dovrebbero indurci a rispettare la programmazione del computer-cervello. Fare una cosa per volta, cercare di farla al meglio. Ma allora, perché ci ostiniamo a fare due, o più cose, insieme e con tutti i pericoli che ne derivano, anche sul piano dei risultati? Qui gioca il dominio della tecnologia, che per vincere il suo perenne braccio di ferro con l’uomo ha bisogno di essere veloce, super veloce. E di costringere l’uomo a inseguirla, provando a fare più cose contemporaneamente e cadendo nella sua trappola del multitasking.

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