Se dovessimo ragionare con il criterio contemporaneo della visibilità, dell’apparire, potremmo dire che l’amicizia è stata, da sempre, un sentimento oscurato dall’amore. Con un punto di partenza che non condivido, ovvero che esiste davvero una differenza sostanziale tra i due sentimenti. Non è così. L’amicizia è un amore a tutto tondo, autentico, vero, capace di darci grandi energie e grandi dolori, e anche separato dal suo contrario, l’inimicizia, da un sottilissimo filo, come l’amore dall’odio. Forse l’equivoco, nel quale spesso cadiamo sprecando così il valore dell’amicizia, nasce dalla differenza con l’amore scolpita nelle pagine del filosofo Michel De Montaigne. Che cosa sosteneva? Nel dare più rilievo, quasi una superiorità, all’amicizia, De Montaigne ne marcava la differenza con l’amore sulla base di un elemento sessuale: ovvero la mancanza di attrazione fisica, tipica invece dell’amore. A parte che non mancano grandi amicizie, specie tra uomini e donne, che sconfinano anche nell’attrazione fisica, non riesco proprio a vedere, ma forse è un mio limite, la differenza con l’amore in base a un criterio di attrazione. Gli ingredienti sono quelli: l’affetto, il sentimento, la stima, la voglia di stare con l’altro. Con l’aggiunta, semmai volessimo indicare una traccia di superiorità a favore dell’amicizia, del particolare che, come diceva Francesco Bacone, «l’amicizia raddoppia le gioie e divide le angosce a metà».
L’amicizia è ossigeno della vita
Se l’amicizia è comunque amore punto e a capo, allora, come nel caso dell’amore, non possiamo illuderci che viva di rendita. E si autoalimenti. L’amico va corteggiato, curato, non trascurato, coltivato. E non si tratta di sforzi o di regole di vita: al contrario, è puro piacere. Nella mia vita ho avuto la fortuna di avere tanti amici, alcuni più importanti (come nell’amore esiste sempre una gerarchia nei sentimenti…), altri meno; alcuni più antichi dal punto di vista anagrafico, altri più recenti. Ma per tutti e con tutti ho sempre seguito una mia semplice e istintiva modalità di comportamento, forse tratta da tante meravigliose pagine della letteratura che ho letto sull’amicizia. Ovvero, gli amici sono l’ossigeno della vita, ci danno aria, dalla testa al cuore. E come tali vanno preservati. Ma la continuità dell’amicizia, oltre al modo con il quale la coltiviamo, è molto legata ai segnali che contraddistinguono questo sentimento. Inequivocabili.
Un amico ha sempre tempo
L’amico non ci abbandona, anche se è abbastanza stufo dei nostri sfoghi, dei lamenti inutili, di quelle richieste implicite che sedimentano sempre dentro questo tipo di legami. L’amico non ha fretta, non è prigioniero del presentismo, sa ascoltare nei tempi e nei modi giusti. E non ci liquida dicendo: “Scusa, ma devo proprio andare…”.
Un amico ascolta
Non è scontato. Abituati come siamo a parlarci addosso, a sommare parole inutili, ad asciugare il discorso con una sequenza di battute, con un’attenzione media inferiore a quella dei pesci rossi, ascoltare l’altro è diventato sempre più difficile. Eppure un’amicizia non può reggere sul reciproco solipsismo o su un dialogo a senso unico (uno parla, l’altro ascolta): ha bisogno di una vitalità che va altre l’empatia e la cui sorgente è proprio nella capacità di assorbire ciò che ci viene raccontato. Anche quando ci sembra tanto distante dai nostri pensieri e dal nostro modo di vedere la vita.
Un amico conosce la fedeltà
Non come obbedienza o, peggio, parassitaria devozione, lungo il crinale dell’opportunismo. La fedeltà dell’amicizia è un patto di sangue, che si rinnova ogni giorno, anche senza la presenza fisica di chi lo stipula. Un esempio? Durante una cena maltrattano un vostro amico assente, ne parlano male, anche con argomenti che rasentano la falsità. Cosa fate? Tacete o intervenite? Vi tappate le orecchie o aprite la bocca? Sappiate che sono questi i momenti nei quali l’amico va protetto e tutelato, con una sorta di mozione di fiducia.
Un amico non giudica
Il giudizio facile e perentorio è in quanto tale un atteggiamento già insopportabile di suo. Diventa più grave se lo esercitiamo, con tanto di ditino puntato, nei confronti dell’amico. Non giudicateli è un comandamento universale che vale per tutti, credenti e agnostici. E vale in particolare in quei rapporti dove più stiamo investendo il nostro patrimonio di sentimenti.
Un amico non è invidioso
Premesso che l’invidia è un sentimento umanissimo che nessuna creatura umana può essere certa di scansare, nel caso dell’amicizia, proprio per il contatto più intimo e continuo tra le persone, il rischio di coltivarlo è molto alto. Un amico più fortunato di noi (la vita è fatta anche di combinazioni…), baciato dal successo, capace di trasformare in oro tutto ciò che tocca, diventa quasi naturalmente una fonte di invidia. Eppure dovrebbe essere il contrario: la gioia di un amico è la nostra, e più che invidiarla dobbiamo trovare il modo di condividerla. Con un autentico piacere.
Un amico non si prende à-la-carte
Altra premessa: tutti possiamo cambiare, e ciascuno ha la possibilità di migliorare le proprie qualità e depotenziare i propri difetti. Ma una persona alla quale vogliamo bene, un amico, va presa nella sua complessità, con luce e ombre, senza cullare l’illusione di poterla spacchettare, separando, secondo il nostro giudizio (qui ritorna il rischio di giudicare), il buono dal cattivo. In questo senso si può che un amico è un “prendere o lasciare”, tutto compreso.
Un amico non manipola
Il possesso è una deriva nell’amore, come sanno bene le donne che subiscono la violenza dell’uomo pronto a considerarle come una proprietà privata. Nell’amicizia il meccanismo del possesso è più sottile e passa attraverso la porta stressa della manipolazione. Vogliamo che l’altro sia nostro, solo nostro, e allora proviamo a manipolarlo, a infilarlo in una gabbia della quale solo noi abbiamo le chiave. Ma questa, cari amici, è semplicemente violenza.
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