A leggere giornali, siti, pubblicazioni scientifiche e riviste specializzate, viene da pensare una cosa molto semplice, a proposito di sprechi alimentari: stiamo imparando a mangiare meno carne. Consapevoli del fatto, ormai fuori discussione, che in particolare un eccesso di carne rossa aumenta i rischi di infarto, obesità, tumore al colon-retto.
QUANTA CARNE CONSUMIAMO
In realtà le cose stanno molto diversamente. E i consumi di carne continuano a crescere, lungo una tendenza che ancora non ha trovato un punto di frenata, dalla metà degli anni Cinquanta, quando mangiare carne, in abbondanza, significava innanzitutto avere tagliato il traguardo del benessere, di una vita da ceto medio benestante.
Dagli anni Sessanta agli anni Novanta, il consumo di carne nelle diverse parti del mondo è aumentato di 5 volte, passando dai 45 milioni di tonnellate nel 1950 agli attuali 300 milioni. E secondo la Fao, questi numeri sono destinati a raddoppiare, in un arco di tempo anche piuttosto breve: entro il 2050.
CONSUMO DI CARNE NEL MONDO
Ovviamente, la distribuzione dei consumi di carne, come in genere di qualsiasi regime alimentare “ricco”, non è uguale nel mondo. Nei paesi industrializzati si registra una disponibilità annua di carne pari a 80 chilogrammi per persona, a fronte di una media di appena 20 chilogrammi in Africa. E la lunga marcia della Cina è confermata anche dal termometro dei consumi di carne, cresciuti di ben 15 volte negli ultimi 50 anni.
SOSTENIBILITÀ DELLA PRODUZIONE E DEL CONSUMO DI CARNE
Ma veniamo allo spreco. Potremmo citare uno sterminato elenco di ricerche scientifiche relative ai rischi di eccessivi consumi di carne, ma limitiamoci a un dato su tutti, anche per l’attendibilità della fonte. Il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro raccomanda di non superare i 300 grammi di carne rossa alla settimana, e consente di alzare questo tetto soltanto per le popolazioni, come gli americani, abituati a super consumi di carne, a 500 grammi.
QUANTA CARNE DOVREMMO CONSUMARE
In realtà il tetto proposto dal Fondo mondiale per la ricerca sul cancro, lo abbiamo sfondato da diverso tempo. E continuiamo a sfondarlo. In Italia, per esempio, siamo a 110 grammi di carne al giorno, e 190 grammi di salumi a settimana. Livelli assolutamente al di sopra di quanto suggerito anche dall’Organizzazione mondiale della sanità che considera l’eccesso di carne un fatto cancerogeno, come il fumo e l’amianto.
IMPATTO AMBIENTALE DELLA PRODUZIONE DI CARNE
Ora, chiariti i termini del problema e data una risposta alla domanda «Quanta carne mangiamo?», c’è da capire come possiamo evitare questo spreco di salute e di stili di vita. Senza fare inutili e controproducenti crociate, e lasciando a tutti la libertà di godersi ogni tanto la loro bella fetta di carne. Sapendo, tra l’altro, che in Italia le carni sono più magre e meglio lavorate rispetto ad altri paesi.
Se scartiamo, dunque, le prescrizioni, se evitiamo di diventare tutti vegetariani e vegani, allora l’arma vincente in questa battaglia è sempre la stessa: il buonsenso. Abbinato a una buona dose di consapevolezza. È il buonsenso, e null’altro, che deve indurci a un consumo più ragionevole di carne. Senza inutili esagerazioni. E senza mettere a rischio il nostro organismo.
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CONSUMO ACQUA PER PRODURRE CARNE
Mentre nella sfera della consapevolezza, a parte le questioni che hanno a che fare con la salute, rientrano gli aspetti relativi alla scarsa sostenibilità della produzione e del consumo di carne. In termini ambientali, produrre carne, specie se di buona qualità, costa. E non poco. Innanzitutto c’è il consumo di acqua: 15mila e 400 litri per appena un chilo di una bistecca di manzo. E pazienza se il 94 per cento di quest’acqua risulta piovana. Piuttosto, circa la metà dell’acqua usata (e sprecata) nel mondo, serve all’agricoltura, e dunque risparmiare acqua significa ridurre gli sprechi di acqua.
EMISSIONI DALLA PRODUZIONE DI CARNE
Poi ci sono i gas serra, anche se qui bisogna essere intellettualmente onesti: le emissioni di azoto e metano degli allevamenti incidono in maniera del tutto marginale sull’aumento delle temperature mondiali.
ANTIBIOTICI NELLA CARNE
Terzo punto critico: gli antibiotici. Il 70 per cento di tutti gli antibiotici utilizzati nel mondo riguardano gli allevamenti animali. È una prassi ormai fondamentale per consentire che i conti degli allevatori tornino, ma il costo per la collettività, e in generale per la salute pubblica, è davvero pesante. Un consumo così elevato di antibiotici, per produrre carne, aumenta il rischio di generare ceppi batterici sempre più resistenti agli stessi antibiotici attualmente in commercio. Conclusione: da un eccessivo consumo di carne arriva anche uno sgambetto all’efficacia delle nostre cure. Ne vale la pena?
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