Un proverbio indiano recita che viaggiare alla scoperta dei paesi ci aiuta a trovare il continente in noi stessi. Ma che succede quando i paesi che vogliamo scoprire sono inquinati proprio dalla voglia che abbiamo di conoscerli e visitarli? In altre parole, qual è il nesso tra inquinamento e turismo? La chiamano morte per turismo: la fine progressiva e scientifica di mete molto ambite perché i residenti sono numericamente assai inferiori ai turisti, o perché quel territorio viene sfruttato e depredato da un turismo assolutamente non sostenibile. Una delle conseguenze di un fenomeno in costante crescita, l’over-tourism, della scarsa sensibilità da parte di tanti improbabili viaggiatori e di alcune circostanze oggettive, in termini di inquinamento, legate al turismo.
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Emissioni di biossido di carbonio
Dall’arrivo in aeroporto o in stazione oppure a un casello autostradale, fino alla partenza, passando per il soggiorno: da turisti inquiniamo quasi più che quando siamo nel nostro paese di provenienza. A partire dalle emissioni di biossido di carbonio. Che, come spiega una ricerca dell’Università di Sidney, aumentano quando siamo in viaggio, poiché quando viaggiamo tendiamo a spendere di più per trasporti e shopping, con conseguenti emissioni di carbonio più elevate. Molte di più di quelle di cui saremmo responsabili nel posto in cui, invece, viviamo. Insomma: in vacanza, secondo lo studio dell’università australiana, siamo responsabili di circa l’8% delle emissioni globali di gas serra, cifra alla quale va aggiunto il 2% delle emissioni prodotti dall’aviazione a uso civile, derivanti dalla combustone del biossido di carbonio, e l1% causati da hotel, bnb, alberghi e tutte le strutture ricettive. Una notte di pernottamento in albergo, l’opzione più inquinante, regala all’ambiente 6,9 kg di Co2.
Trasporti per il turismo e CO2
Il trasporto è uno dei principali fattori responsabili dell’inquinamento legato al turismo. L’aumento dei voli internazionali, delle auto a noleggio e dei mezzi di trasporto locali ha portato a un significativo incremento delle emissioni di gas serra. Secondo alcune stime, i trasporti rappresentano circa il 75% delle emissioni di CO2 derivanti dal turismo. I voli aerei, in particolare, sono una delle fonti principali di inquinamento atmosferico, con un impatto negativo sul cambiamento climatico. L’industria dell’aviazione è infatti una delle più inquinanti a livello mondiale, contribuendo significativamente all’effetto serra.
Quanto inquinano gli aerei
Un volo medio da 1.000 chilometri (come da Milano a Roma) può generare circa 200 chilogrammi di CO₂ per passeggero, ma questo valore aumenta se il volo è più lungo o se l’efficienza del velivolo è inferiore alla media. Quanto alla quota, a 10.000 metri di altitudine, gli aerei emettono non solo CO₂, ma anche ossidi di azoto (NOx), che contribuiscono alla formazione di ozono troposferico. L’ozono ha un effetto serra e può essere fino a 3 volte più dannoso del CO₂ emesso. Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, il trasporto aereo rappresenta circa il 3-4% delle emissioni globali di gas serra.
Rifiuti collegati al turismo
Tuttavia, non è solo l’inquinamento atmosferico a preoccupare. Il programma ambientale delle Nazioni Unite stima che circa il 14% di tutti i rifiuti solidi globali è prodotto ogni anno esclusivamente dall’industria turistica, e che ogni singolo turista ne produca 1 o 2 chilogrammi ogni giorno, una media troppo spesso superiore a quella dei residenti, cosa che rischia di ingenerare un tilt per cui, non potendo fare fronte alla maggiore domanda, i rifiuti finiscano mal smaltiti, inceneriti o in discariche abusive e insalubri.
Consumo di acqua per il turismo
E che dire, invece, del consumo di acqua del settore del turismo? A un primo sguardo potrebbe non essere un problema, ma basta un’occhiata più approfondita per notare quanto lo spreco di acqua dolce e potabile, tra piscine, spa e idromassaggi, raggiunga cifre da capogiro. Uno sfruttamento insostenibile se si pensa alla grandissima scarsità di acqua da bere in alcune delle mete di vacanza più ambite: non c’è acqua sufficiente a soddisfare il bisogno locale ma ce n’è in abbondanza per il turismo irresponsabile.
Immersioni e sport acquatici
In ultimo, anche le attività che svolgiamo durante la nostra vacanza da sogno, rischiano di diventare un pericolo per l’ecosistema. Esattamente ciò che accade nel caso delle immersioni, dello snorkeling e più in generale degli sport acquatici, che possono sicuramente alterare il fragile ecosistema marino favorendo l’acidificazione dell’acqua e impedendo alla barriera corallina di riprodursi.
Overtourism e inquinamento
L’over-tourism, ovvero il sovraffollamento turistico, è un altro fattore che contribuisce all’inquinamento. Alcune destinazioni popolari sono soggette a flussi turistici incessanti, con conseguenze devastanti per l’ambiente. La presenza massiccia di turisti porta a un consumo eccessivo di risorse naturali, come l’acqua e l’energia, nonché a un inquinamento acustico, visivo e atmosferico. Le aree naturali protette, come parchi nazionali e riserve marine, sono spesso le più vulnerabili a queste pressioni. Il danneggiamento degli ecosistemi naturali, attraverso la costruzione di infrastrutture turistiche, come hotel e resort, può comportare la perdita di habitat per molte specie animali e vegetali. Inoltre, l’inquinamento acustico e la disturbo provocato dalla presenza umana può alterare il comportamento di animali selvatici, compromettere la loro capacità di riprodursi e ridurre la biodiversità. Nelle grandi città, e in generale nelle città d’arte, l’over-tourism finisce per mettere sotto pressione l’intera rete dei servizi (dal trasporto locale alla raccolta dei rifiuti) e per creare enormi disagi alla popolazione residente, penalizzata anche dalle fiorenti attività dei cittadini che si sono trasformati in eserciti di affittacamere. Contribuendo così al caro-alloggi e alla scarsa disponibilità di case per i residenti.
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