Inquinamento del Tevere: così lo hanno ridotto a un cimitero di barche

È un altro pezzo del degrado romano. Sono state già censite 20 imbarcazioni che perdono nelle acque del fiume, carburante, olio, vernici e piombo: ma potrebbero essere molte di più. Intanto va in onda il solito scaricabarile su chi deve intervenire

relitti imbarcazioni nel tevere

INQUINAMENTO DEL TEVERE

L’inquinamento del Tevere, il fiume che bagna Roma, è a tutto campo. Dalla carenza di ossigeno nell’acqua all’eccesso di nutrienti dovuti al dilavamento delle aree coltivate, fino all’altissima carica batterica per la presenza, ovunque, di feci.Ma c’è anche un’altra forma di inquinamento del fiume: i relitti delle barche che lo affollano. Il Tevere è la fotografia della Roma di oggi. Un crocevia di degrado, abbandono, corruzione, burocrazia malata. E tanti sprechi. Primo tra tutti l’insensata macchina amministrativa che ha il compito di gestire le attività e occuparsi della manutenzione del fiume. Sono 18 infatti gli enti ad aver voce in capitolo: dalla Regione Lazio che ha competenza sulle sponde, all’Autorità di bacino che si occupa del corso dell’acqua, passando per l’Agenzia per la difesa del suolo (Ardis) a cui bisogna chiedere i permessi per edificare, e la Capitaneria di porto che ha autorità sulla gestione di piene e barconi. E con quale risultato? “Il fiume sacro ai destini di Roma” è ridotto a un cimitero di imbarcazioni affondate. Per farsi un’idea sulla situazione disastrosa del fiume, basti pensare che finora sono stati censiti i relitti di ben venti imbarcazioni, di varia lunghezza, che compaiono come delle stazioni lungo il percorso. Pescherecci, gozzi, barche a vela e anche un mini-nave da cinquanta metri.

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I DANNI CAUSATI DALLE IMBARCAZIONI ABBANDONATE NEL TEVERE

I danni di questo incredibile sfregio ambientale sono diversi. C’è innanzitutto il rischio di inquinamento, in quanto i relitti perdono olio, carburante, vernici e piombo. E tutto finisce per sporcare il fiume. Poi c’è un rischio idrogeologico: in caso di piena del fiume, le barche potrebbero diventare delle barriere che bloccano il reflusso dell’acqua, oppure potrebbero essere liberate dalle onde e travolgere ciò che trovano sulla loro strada. Un altro pericolo è per l’industria cantieristica e nautica della zona, che rischia di essere danneggiata dalle barche. Infine, i relitti deturpano il luogo e lo rendono una sorta di cartolina del degrado romano.

IL DEGRADO DOCUMENTATO DA DAVID DI BIANCO

«Eppure basterebbe un minimo di collaborazione istituzionale, tra le amministrazioni locali, il governo e il ministero dell’Ambiente per intervenire in modo concreto ed efficace» spiega David Di Bianco, delegato alla Cantieristica nautica del comune di Fiumicino. Di Bianco ha fatto un enorme lavoro, da volontario. Ha censito le venti imbarcazioni ritrovate (ma potrebbero essere molte di più), una per una, localizzandole e fotografandole nei dettagli. Poi ne ha esaminato e classificato le condizioni di degrado. Dopo il censimento ha chiesto al sindaco di Fiumicino, Esterino Montino, di farsi promotore di un tavolo tra i vari enti interessati al problema. Ma finora non si è deciso nulla. Eppure sui relitti nel Tevere ci sono interrogazioni a Fiumicino, al governo e alla regione. C’è una proposta di legge per creare un’Autorità del Bacino Nazionale (ma serve?). Nel balletto dello scaricabarile (chi deve intervenire?) mancano, però, le due cose più importanti: un piano per la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti, e qualcuno che decida di realizzarlo.

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