Risparmiatori truffati: ma che cosa aspetta il procuratore Rossi a dimettersi?

Alberto Rossi è allo stesso tempo responsabile dell’inchiesta sul crack della Banca Etruria e consulente giuridico del governo. Può fare entrambi i mestieri con serenità? Sarebbe il caso di lasciarne uno…

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I risparmiatori coinvolti nel crack di Banca Etruria, e degli altri istituti di credito salvati dal governo, sono stati truffati: questa è una certezza. Siamo in Italia, e quindi lo scaricabarile è uno degli sport preferiti: nessuno si azzarda ad assumersi una responsabilità. Il governo, la Banca d’Italia, la Consob. Tutti buoni e bravi, tanto alla fine il conto lo pagano gli altri, i poveracci che hanno sprecato i loro risparmi.

Con altrettanta ipocrisia la maggioranza di governo sembra giocare su due tavoli. Da un lato è lo stesso Pd a chiedere una commissione parlamentare d’inchiesta (quella non si nega mai a nessuno), dall’altro nessun esponente né del governo né della maggioranza pone un problema serio. Ovvero la chiara incompatibilità del doppio ruolo di Alberto Rossi, come procuratore reggente di Arezzo, e quindi capo dei magistrati che svolgono le indagini sul crack della Banca Etruria, e come consulente giuridico del governo che in ogni caso sarà chiamato in causa dall’inchiesta per la sua decisione di salvare l’istituto e non i soldi dei risparmiatori.

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RISPARMIATORI TRUFFATI BANCA ETRURIA –

La difesa di Rossi, ben spalleggiato dal vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini (ex sottosegretario del governo Renzi) francamente è imbarazzante. Sostiene che il suo incarico a Palazzo Chigi non è politico, ma tecnico, e non risulta retribuito. E che cosa significa questo? Nulla. Il confine tra tecnica e politica, in questi casi, è quanto di più sfumato si possa immaginare, una totale finzione ottica, e in ogni caso Rossi lavora a diretto contatto con chi potrebbe essere chiamato in causa dall’inchiesta che sta conducendo. Non gli basta questo per fare un elegante passo indietro e lasciare la scrivania a palazzo Chigi? Conosce, nel suo vocabolario, la parola conflitto di interessi? Dice Legnini: l’incarico è molto precedente all’inizio dell’inchiesta. E allora? Poteva andare bene ieri, e abbiamo seri dubbi, ma certo non va bene oggi. Non si capisce perché lo stesso Rossi e il Csm non ne prendano atto e diano un segnale di trasparenza e di serietà. E non ci facciano sorgere il sospetto che questa torbida vicenda della Banca Etruria la si voglia risolvere tutta in famiglia.

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