Lavoro domestico delle donne. Perchè non pagarlo? Altrimenti va diviso alla pari con gli uomini

Il due terzi del lavoro domestico è sulle loro spalle. E tante fanno il «secondo turno» dopo un normale lavoro in ufficio. La situazione è molto peggiorata con la pandemia

DIVIDERE IL CARICO DEL LAVORO NELLA COPPIA

Ci sono cose semplici, ma molto efficaci, che si possono fare per ridurre l’enorme e ingiusto spreco delle donne sul lavoro. Una doppia penalizzazione, molto ampliata dall’effetto pandemia. L’Italia ha il più basso tasso di occupazione femminile in Europa, e tra il 2010 e il 2018 la diseguaglianza tra i generi è aumentata del 10 per cento, più che in qualsiasi altro stato dell’Unione. Allo stesso tempo con il Covid-19 ben 250mila donne hanno perso il lavoro e si sono dovute dedicare in modo esclusivo alle attività domestiche, il cui carico, in termini di impegno settimanale, è cresciuto di 15 ore a settimana.

Donne che lavorano in casa

Ricapitolando: aumentano l’esclusione e le diseguaglianze, diminuisce il tempo disponibile per avere un impiego. Il nuovo femminismo, più che dedicarsi al tema dei posti di potere, forse dovrebbe partire da queste esigenze più concrete e più quotidiane. Non da establishment, ma da donne normali. Nelle nostre case il carico del lavoro domestico è per il 71,5 per cento sulle spalle delle donne, mentre gli uomini tendono a fare le comparse.

In America, in seguito alla pandemia e ai danni subiti dalle donne, la femminista di origine italiana Silvia Federici è diventata popolarissima con il movimento Wages for Housework (letteralmente: salario per il lavoro domestico). La Federici chiede cose molto concrete, come per esempio un target di allineamento dei lavori domestici vicino alla parità. Cinquanta e cinquanta, che significherebbe lo stesso numero di ore di attività in casa, sia per accudire figli e genitori, sia per apparecchiare la tavola e cucinare, tra uomini e donne. Poi c’è il tema salariale.

Parità domestica

Per le donne che continuano a lavorare più degli uomini bisognerebbe introdurre una forma di salario minimo, e qui i numeri sono davvero significativi: secondo una ricerca della Oxfam, se le donne americane ricevessero un mini-stipendio per i lavori domestici, guadagnerebbero qualcosa come 1.500 miliardi di dollari all’anno. Già nel 2015 Melinda Gates aveva lanciato un appello per unire le donne in questa battaglia a favore del riconoscimento di un lavoro oggi del tutto sommerso. E aveva presentato un conto molto interessante: se tutte le donne che si occupano di lavoro domestico e di assistenza ai familiari costituissero una nazione, sarebbe la quarta economia del mondo. E un libro di grande successo in America è stato Getting to 50-50, how working parents can have it all (Arrivare a 50-50, come i genitori che lavorano possono avere tutto) scritto da Sharon Mears e Joanna Strober. Qui trovate una serie di consigli per ottenere, con chiarezza e senza necessariamente scatenare conflitti, la parità uomo-donna nel lavoro domestico, che rappresenta un altro meccanismo per riconoscere e retribuire le attività femminili in casa. La cosa più interessante di questo libro è la scoperta, con un’indagine sul campo, che la parità nei carichi del lavoro domestico rende la coppia più serena e più stabile. La relazione si allunga

Lavoro domestico in America

Ma in un paese dove sono tante le donne in carriera, anche ai vertici delle multinazionali, ha destato impressione il fatto che Sheryl Sandberg, 44 anni, amministratrice delegata di Facebook, scrivendo l’introduzione alla nuova Bibbia per la parità dei sessi abbia fatto partire una vera crociata su questa frontiera dei rapporti tra uomini e donne. “Dividere il carico dei lavori domestici non solo è giusto, ma è la cosa migliore che possa capitare a una famiglia“, scrive la Sandberg. “Permettere agli uomini di fare la loro parte in casa fa bene alla donna perché le dà più scelte, così come fa bene agli uomini ed ai figli. Il padre si sentirà più partecipe, i figli cresceranno più forti e sicuri, in un ambiente non conflittuale”.

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Lavoro domestico in Italia

L’Italia non è l’America, e le donne sembrano persino più rassegnate all’idea di uno squilibrio così ingiusto dei carichi domestici. Raramente si lamentano persino del «secondo turno», ossia il lavoro che devono fare dopo l’attività svolta all’esterno delle loro case. Però, chissà, nel tempo questo lavoro extra potrebbe essere meno scontato, e magari retribuito in qualche modo. Intanto è utile sottolineare quanto sia retorico parlare di parità di genere e di diritti delle donne in un Paese dove le distanze, a partire dai nostri stili di vita domestici, sono così marcate e in aumento. E quanto sia necessario prendere esempio da diversi paesi, non solo del Nord Europa, come la Finlandia, ma anche dell’area mediterranea, come la Spagna, che prevedono lezioni di Economia domestica già dalla scuola media. Per tutti, femminucce e maschietti. Insegnare a un ragazzino il cucito o l’uso di una lavatrice, magari all’interno dei programmi di Educazione civica, è un primo passo per formare  un uomo che non dia più per scontato che i  lavori domestici in casa siano tutti sulle spalle delle donne.

Lavoro domestico nel Nord Europa

Nei paesi del Nord Europa, a partire da Svezia, Norvegia e Finlandia, è impensabile che ci sia una differenza di carichi di lavoro, all’interno del nucleo familiare, tra uomini e donne a proposito dei lavori domestici e delle cure dei figli piccoli. Tutto è diviso in perfetta parità, come viene insegnato già nella scuola primaria. In Svezia, per esempio, secondo le statistiche di Eurostat, il 70 per cento delle donne svolge lavori domestici, ma lo fanno anche oltre il 60 per cento degli uomini. Stesso discorso per la cura dei bambini piccoli: se ne fanno carico il 96 per cento delle donne svedesi, ma anche il 90 per cento degli uomini.

Come finanziare il lavoro domestico retribuito

Il primo modo per riconoscere fino in fondo il valore del lavoro domestico è quello di dare alle donne, in termini di servizi, ciò di cui hanno bisogno per accudire la famiglia di origine e la famiglia dove si è madre e moglieasili, incentivi per i congedi parentali dei padri al lavoro, assistenza a domicilio per le persone anziane non autosufficienti, baby sitter e badanti. Questi servizi, che oggi tracciano una linea di demarcazione tra paesi civili ed evoluti e paesi meno civili e meno evoluti, devono aumentare, e i soldi ci sono specie se si tagliano gli sprechi della spesa pubblica, come giusta ricompensa indiretta del lavoro domestico monopolizzato dalle donne. La seconda soluzione, ancora più veloce e possibile della prima, è quella di coinvolgere in modo frontale e diretto i maschietti. O con le braccia o con il portafoglio. L’uomo, che tra l’altro fa carriera e guadagna grazie alle spalle coperte in casa dalla donna, deve scegliere. O condivide questa attività, e ne prende in carico una parte, alleggerendo i pesi e le fatiche delle donne, oppure mette mano al portafoglio e tira fuori uno stipendio, sì: uno stipendio, per la moglie, la compagna, la convivente, che si fa carico dei lavori domestici nella casa dove si vive insieme. E considerando i precedenti e alcuni vizietti del noto popolo dei maschi, mi viene da dire alle donne: metteteci con le spalle al muro, le mani in alto, e il portafoglio poggiato sul tavolo. Non per rapinarci, ma per fare in modo che finalmente sia riconosciuto in modo concreto, e non teorico, il valore del lavoro domestico femminile.

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