Teatro, cinema e danza: arrivano i soldi. Non sprechiamoli con gestioni allegre

Più di 400 milioni dello Stato a fondazioni liriche e teatri. Ci sono anche fondi per i giovani talenti under 35.

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RIPARTIZIONE FUS 2015 –

La prima buona notizia è che i soldi ci sono e non diminuiscono. In tempi di tagli della spesa pubblica il ministro Dario Franceschini è riuscito a portare a casa i 406 milioni di euro del Fondo unico per lo spettacolo (Fus), incardinandoli in modo definitivo all’interno della legge di stabilità. La quota maggiore della torta, 182 milioni di euro, è andata alle 14 Fondazioni lirico-sinfoniche che poi si spartiranno i fondi, entro la prossima primavera, in seguito decisioni della commissione consultiva ministeriale. Con una novità: gran parte dello stanziamento, il 70 per cento, sarà assegnato sulla base di criteri quantitativi (numero di dipendenti, spettacoli prodotti, posti dei teatri, etc…) e solo il 30 per cento in base alle valutazioni discrezionali della commissione sulla qualità dei programmi di ciascuna fondazione.

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APPROVATA RIPARTIZIONE PRESENTATA DA FRANCESCHINI –

C’è da augurarsi che la pioggia di denaro garantita dall’azione del ministro induca gli amministratori dei nostri teatri lirici a voltare pagina rispetto a gestioni poco efficienti e produttive e appesantite da privilegi corporativi oggi insostenibili. Non a caso le opere liriche made in Italy costano il 140 per cento in più rispetto alla media europea e in molti teatri il clima è ancora quello di una felliniana prova d’orchestra. Inoltre vedremo se la distribuzione delle sovvenzioni, ferme restando le differenze tra i diversi teatri lirici, porterà anche un riequlibrio nei singoli stanziamenti, laddove l’anno scorso il San Carlo di Napoli ha incassato quasi 13 milioni di euro, a fronte dei 28 della Scala di Milano, dei 14 del Maggio fiorentino e dei 15 della Fenice di Venezia.

La novità più interessante del nuovo Fus riguarda, però, musica, danza e prosa, ovvero gli spettacoli dal vivo, per i quali i finanziamenti sono stati perfino aumentati: 67 milioni al teatro, 56 milioni alla musica e 11 milioni alla danza. Buone notizie anche per il cinema, che può contare su 77 milioni oltre 23 milioni di agevolazioni fiscali, e un primo stanziamento di 8 milioni di euro è stato riservato ai giovani talenti under 35. Cifre a parte, i soldi sono previsti, per la prima volta, per un triennio, e questo, se si eviteranno gli sprechi, potrà migliorare la programmazione pluriennale dell’intero settore dello spettacolo. Anche per la prosa il secondo round della partita, quello più delicato, è rinviato ai prossimi mesi, quando si distribuiranno i fondi a ciascun teatro. La parte più consistente dell’intera somma andrà a quelli che saranno riconosciuti come teatri nazionali e secondo indiscrezioni al momento risultano arrivate al ministero ben dieci candidature. Troppe, sicuramente. Ne resteranno, alla fine della scrematura, non più della metà e per Napoli diventa decisiva la promozione a Teatro nazionale del Mercadante-San Ferdinando. Altrimenti si replicherà la frattura geografica consumata fino allo scorso anno, anche per colpa dell’insipienza degli amministratori locali napoletani che non hanno mai modificato lo status giuridico del più importante teatro di prosa della città. Con il risultato che il 90 per cento dei fondi di questo settore finora sono finiti a teatri del Centro-Nord, da Milano ( 3 milioni e 200mila euro) a Torino e Genova (1 milione e 700mila euro ciascuno) fino a Roma (1 milione e 600mila euro), con il Mercadante a raccogliere briciole (381mila euro), meno degli stabili di Perugia e di Modena.

PIÚ RISORSE PER CINEMA E SPETTACOLI DAL VIVO –

Infine, bisogna fare una considerazione sul rapporto tra pubblico e privato nel mondo dello spettacolo a proposito di fondi per le diverse attività. Se sommiamo le cifre messe sul tavolo dal ministero, attraverso il rubinetto del Fondo unico per lo spettacolo, alle sovvenzioni che arrivano poi dagli enti locali, si arriva a circa l’88 per cento dei ricavi dei teatri. Lirica e prosa non potrebbero vivere in Italia senza generosi finanziamenti pubblici. Sono invece irrilevanti, specie nelle regioni meridionali, i contributi privati, a partire dalle sponsorizzazioni delle imprese che, come nel caso di altri beni culturali (vedi i restauri di alcuni siti come il Colosseo), andrebbero incentivati con meccanismi di reciproche convenienze. E richiamando gli imprenditori più facoltosi ad assumersi qualche responsabilità in più, in termini di spese, per difendere un patrimonio di cultura e di storia sul proprio territorio. In attesa di questo salto di qualità, saranno le commissioni a dovere valutare il diverso punto di partenza del Centro-Nord rispetto al Sud in quanto a potenziali benefattori: la differenza si può leggere anche nelle denunce dei redditi. E non andrebbe ignorata.

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