Scuole e uffici riqualificati: una spesa di 22 miliardi. Ma un risparmio di 750 milioni l’anno

Oggi sono edifici obsoleti, energivori, spreconi. Domani potrebbero consentire un taglio netto alle bollette per i consumi elettrici. Darebbero una spinta all’economia e lavoro. E ci farebbero sentire di vivere in un Paese più civile.

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Fateci caso. Ogni volta che entrate in una scuola, in una università, in un’amministrazione comunale, le luci sono sempre accese. Notte e giorno. Si tratta di costruzioni obsolete, divoratrici di corrente elettrica, sprecone. Dove la manutenzione è stata ridotta ai minimi termini,  senza alcun riguardo alla riduzione dei consumi energetici (la cosiddetta efficienza) e senza alcuna attenzione alla piena sicurezza degli edifici.

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Gli esperti di enea e del Cresme hanno fatto qualche conto, partendo dal fatto che sarebbero oltre 12mila gli edifici pubblici (scuole e uffici) per i quali è necessaria una «profonda rigenerazione energetica». Ovvero, rifare gli impianti, sistemare alcune opere strutturali, utilizzare le tecnologie più avanzate e meno sprecone (come l’illuminazione a Led).

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Tutto ciò, tradotto in termini di spesa pubblica, significherebbe mettere sul tavolo 22 miliardi di euro. Tanti soldi in tempi di teorica, e mai pratica, spending review. Eppure sarebbero i soldi spesi meglio da parte dello Stato. Per due motivi fondamentali. Il primo: si rilancerebbe l’intera filiera dell’industria dell’edilizia, dai cantieri alle forniture di materiali, con una scelta di tipo keynesiano, cioè orientata da un nuovo ciclo di sviluppo indotto anche dagli investimenti pubblici, in Italia crollati da troppi anni, e con nuove opportunità di lavoro per migliaia di persone. In secondo luogo, sempre secondo i tecnici di Enea e Cresme, la riqualificazione energetica significa  un risparmio annuo, sulla bolletta statale dei consumi di elettricità, pari a 750 milioni di euro l’anno. Dunque, in trent’anni l’intera spesa sarebbe ammortizzata. Non sono pochi, certo, ma alla fine del periodo vivremmo tutti in un Paese decisamente più civile.

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